Pubblicato il: 30/10/2018

In uno studio, pubblicato sulla rivista internazionale Nature Methods e condotto dall'Università Statale di Milano e dall'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova, viene sperimentata con successo l'efficacia di una nuova proteina sintetica che, attivata dalla luce blu, è in grado di alleviare il dolore neuropatico.

Lo studio si inserisce nell'ambito dell'optogenetica, una tecnica sperimentale molto usata in ricerca biomedica, che permette di intervenire sull'attività neuronale di organismi modello attraverso l'uso della luce. Questa tecnica si basa sull'utilizzo di proteine che si attivano o disattivano con un flash di luce e consente di controllare in remoto le cellule in cui queste proteine sono espresse.

Esperimento di elettrofisiologia su BLINK1

Esperimento di elettrofisiologia sulla proteina BLINK1 - Foto di Thomas Guthmann

In natura si trovano principalmente proteine in grado di attivare i neuroni. Di particolare interesse risulta quindi l'ingegnerizzazione in laboratorio di proteine in grado di inibire l'attività delle cellule, soprattutto se l'obiettivo è quello di stabilire come circuiti neuronali complessi siano responsabili di specifici comportamenti. Inoltre, in biomedicina, la messa a punto di proteine sintetiche ad effetto inibitorio è un obiettivo di fondamentale importanza per trattare patologie legate all'ipereccitabilità dei neuroni, come il dolore cronico neuropatico, ad oggi difficilmente curabile, anche con analgesici potenti come la morfina.

Ѐ in questo scenario che si colloca il lavoro pubblicato da Nature Methods, che presenta e descrive le proprietà di BLINK2, una nuova proteina ingegnerizzata capace di inibire l'attività neuronale.

Il lavoro è frutto della collaborazione tra il laboratorio di Biofisica dei canali ionici del dipartimento di Bioscienze dell'Università Statale di Milano guidato da Anna Moroni che, nell'ambito del grant ERC noMAGIC ha costruito la nuova proteina, e il laboratorio di Neuromodulation of Cortical and Subcortical Circuits, guidato da Raffaella Tonini dell'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova, che ne ha dimostrato la funzionalità sull'attività neuronale. Lo studio ha inoltre coinvolto competenze di biologia cellulare e biofisica (Monica Di Luca ed Elena Marcello, Università Statale di Milano; Massimo Pasqualetti, Università di Pisa; Gerhard Thiel, TU-Darmstadt, e Henry Colecraft, Columbia University) e di biologia dello sviluppo in zebrafish (Monica Beltrame, Università Statale di Milano; Filippo Del Bene, Institut Curie di Parigi).

"All'interno del progetto ERC noMAGIC – ci spiega Anna Moroni – costruiamo proteine sintetiche per l'optogenetica, come ad esempio canali ionici attivati da luce infrarossa, che penetra più in profondità nei tessuti, mentre altri progetti riguardano l'utilizzo di campi magnetici e di ultrasuoni. Questi stimoli hanno il vantaggio di penetrare in profondità nei tessuti e possono pertanto essere utilizzati per controllare le proteine in remoto, in modo cioè non invasivo per l'organismo. Tali canali troverebbero applicazione in vari settori della ricerca – in particolare le neuroscienze – in quanto permetterebbero di controllare l'attività delle cellule in modo reversibile e con una elevata risoluzione temporale".

Nel laboratorio della professoressa Moroni, vera e propria "fabbrica" di proteine utilizzabili in optogenetica, nasceva nel 2015 BLINK1 risultato della combinazione di una proteina di origine virale con una proteina fotorecettore proveniente dalle piante. Pur funzionando per alcuni modelli animali, come i pesci, BLINK1 è inattiva nelle cellule di mammifero: una limitazione importante per l'utilizzo nella ricerca biomedica e nelle neuroscienze utili per l'uomo. Per superarla, dopo un lungo lavoro di ottimizzazione, il team di ricerca di Anna Moroni, in particolare con il contributo di Laura Alberio, co-primo autore dello studio, ha ingegnerizzato BLINK2, in grado di esprimersi anche in cellule di mammifero.

Attivazione di BLINK 2 con luce blu

Il momento dell'attivazione della proteina BLINK2 con luce blu - Foto di Thomas Guthmann

La funzione inibitoria di BLINK2 nei neuroni è stata successivamente dimostrata nel laboratorio coordinato da Raffaella Tonini all'IIT, dove, allo scopo di studiare i processi fondamentali alla base della comunicazione tra neuroni, si validano e utilizzano strumenti innovativi per manipolare i circuiti neuronali su diverse scale temporali. 

"Insieme ad Andrea Locarno, altro co-primo autore dello studio, non solo abbiamo dimostrato che BLINK2 è in grado di inibire l'attività neuronale nel cervello di mammifero, ma che tale inibizione persiste al buio per molti minuti, differenziandolo dagli altri tool optogenetici, che operano su scale di millisecondi e secondi", dichiara Raffaella Tonini.

"Il fatto che BLINK2 inibisca l'attività neuronale per decine di minuti – aggiunge Anna Moroni – lo rende particolarmente adatto al controllo dell'ipereccitabilità neuronale persistente, come nel caso del dolore cronico".  Per questo motivo BLINK2 è stata testata nel laboratorio di Rajesh Khanna (University of Arizona, Tucson), in un modello animale di dolore neuropatico: i risultati hanno mostrato che BLINK2 è in grado di alleviare per oltre mezz'ora il dolore in un ratto esposto – per un solo minuto – ad una fonte di luce blu.

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