Pubblicato il: 04/02/2019
Una ricercatrice in laboratorio

Una ricercatrice in laboratorio

La rivista Scientific Reports pubblica uno studio in cui il gruppo di ricerca del dipartimento di Bioscienze dell'Università Statale di Milano, guidato da  Thomas Vaccari, docente di Biologia applicata, ha messo a punto un modello animale utilizzando il  pesce zebra, un vertebrato molto usato negli studi di patogenesi, per lo studio della sindrome di CEDNIK (Cerebral Dysgenesis, Neuropathy, Ichthyosis and Keratoderma).

La sindrome di CEDNIK è una malattia neuro-cutanea congenita dovuta alla mancanza della proteina SNAP29 e sorge quando entrambi i genitori portano una copia del gene mutato.
I tratti caratteristici della sindrome, in particolare la presenza di cheratoderma e ittiosi, rispettivamente pelle secca e desquamante, sono evidenti alla nascita, mentre altri, a carico dello sviluppo del sistema nervoso, sono meno visibili ma responsabili di ritardo mentale e di altri gravi disturbi che limitano la sopravvivenza dei pazienti a pochi anni.


Grazie al modello messo a punto dai ricercatori dell'Università Statale è stato possibile comprendere quali sono le funzioni della proteina SNAP29 che, quando perse, determinano i tratti caratteristici della sindrome. Nonostante, infatti, siano note le funzioni di SNAP29, come la sua mancanza porti allo sviluppo dei tratti della sindrome non è noto e i modelli cellulari e animali studiati finora non hanno fatto chiarezza, soprattutto per quanto riguarda i problemi del sistema nervoso.

“Il nostro lavoro - spiega Valeria Mastrodonato, dottoranda dell’European School of Molecular Medicine (Semm) dell’Università Statale, e prima firmataria del lavoro pubblicato su Scientific Reports – studiando un pesce zebra privato della capacità di produrre SNAP29, che mima così i tratti tipici della sindrome, ci ha portato a comprendere che alcune delle malformazioni dei pazienti possono derivare dalla rimozione di alcune cellule danneggiate dalla mancanza di SNAP29 durante lo sviluppo embrionale”.

“Il nostro studio - aggiunge il professor Vaccari -  potrebbe essere utile per capire come affrontare in futuro alcuni dei problemi dei pazienti e dimostra come la ricerca di base sia la condizione sine qua non per il futuro progresso della medicina”.

La ricerca è stato possibile grazie a un finanziamento di Fondazione Telethon e una borsa di studio della Fondazione Veronesi.

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