Una delle specie vegetali oggetto della ricerca
Un’équipe internazionale di ricercatori in fisiologia ed ecologia forestale, che ha visto il coinvolgimento di Giorgio Vacchiano, ricercatore del dipartimento di Scienze agrarie e ambientali dell'Università Statale di Milano e di Alessio Collalti del CNR - Istituto per i sistemi agricoli e forestali mediterranei, ha indagato il fenomeno della "pasciona", nel quale le piante alternano annate di iper-produzione di seme con annate di fecondità scarsa o nulla. Un fenomeno rimasto ancora inspiegato dalla scienza e che in apparenza contrasta con l’esigenza di base di qualsiasi specie vivente, ossia di massimizzare le opportunità di generare una discendenza. Lo studio è stato pubblicato su Nature Plants.
Utilizzando un dataset globale di serie temporali di produzione di seme da parte di 219 specie vegetali e "depurandolo" dall’influenza delle variazioni climatiche, i ricercatori hanno accertato che l’intensità della "pasciona" (cioè la variabilità nella quantità di seme prodotto di anno in anno) è tanto più alta quanto più i tessuti delle piante sono poveri in fosforo e azoto.
Le specie in cui i tessuti fogliari hanno un basso tenore di fosforo e azoto si sono evolute con tutta probabilità in ambienti dove la disponibilità di questi nutrienti nel suolo è cronicamente scarsa, come nelle foreste soggette a lunghi periodi freddi e secchi, oppure al frequente passaggio degli incendi. E’ impossibile mantenere un output riproduttivo costante senza un abbondante rifornimento di nutrienti, ma queste specie hanno evoluto una strategia alternativa, ma ugualmente efficace: fiorire e fruttificare in massa negli anni in cui la disponibilità di sostanze nutritive è maggiore, per "riposarsi" e concentrarsi sull’accrescimento vegetativo nei periodi sfavorevoli. La strategia è vincente soprattutto per la sua capacità di "ingannare" gli animali che si nutrono dei semi: le popolazioni dei predatori si riducono in risposta alle annate senza seme e pertanto, quando le piante entrano in iper-produzione, i predatori sono pochi e la gran parte dei semi si disperde efficacemente nell’ambiente.
Questa scoperta inizia a fare luce sull’origine e il funzionamento di questa particolare strategia riproduttiva, attuata da molte delle specie che dominano le foreste temperate italiane ed europee (faggi, querce, pini, abeti), e decisiva nel determinare il successo della loro riproduzione, messo a rischio dall’emergenza climatica e dall’aumento della frequenza di eventi estremi come gli incendi o gli schianti da vento, come quelli che hanno colpito le foreste alpine nell’ottobre del 2018.
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Giorgio Vacchiano
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali - Produzione, Territorio, Agroenergia
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