Pubblicato il: 08/11/2017
Scientific American

La cover di Scientific American di novembre 2017

La prestigiosa rivista internazionale Scientific American dedica la cover story del numero di novembre agli studi sulle neuroscienze condotte presso l'Università Statale di Milano in oltre 10 anni di ricerca.

Una notizia che riempie di orgoglio il team di neurofisiologi della Statale che - guidati dai docenti di Fisiologia, Marcello Massimini e Mario Rosanova - hanno creduto in un'avventura scientifica affascinante, quanto particolarmente ardua e complessa, come quella di studiare il mondo della coscienza umana.

"Ancora oggi - afferma il professor Massimini - valutiamo il livello di coscienza di altri individui basandoci esclusivamente sulla loro capacità di interagire con l'ambiente circostante, secondo un semplice paradigma stimolo-risposta. In pratica, decidiamo che un paziente è cosciente se è capace di produrre atti motori appropriati in risposta a stimoli sensoriali specifici (per esempio "stringi il pugno"). D'altra parte, però, sappiamo benissimo che l'esperienza cosciente può essere interamente generata all'interno del cervello, in assenza di qualsiasi comunicazione con il mondo esterno, come accade, quasi ogni notte, quando sogniamo".

Ma cosa sappiamo della coscienza di chi, per qualche minuto, si risveglia accidentalmente dall'anestesia in uno stato di completa paralisi o a chi sopravvive a gravi lesioni cerebrali senza recuperare la capacità di comprendere, muoversi e comunicare, per mesi o anni?

Una risposta a questa domanda giunge dai lavori del team della Statale di Milano messi in evidenza dal numero di novembre di Scientific American, un gruppo di neuroscienziati che in oltre 10 anni di attività di ricerca sono arrivati a identificare una misura oggettiva della coscienza, lavorando a stretto contatto con partner nazionali, come la Fondazione Don Gnocchi, e internazionali come l'Università del Wisconsin e il Coma Science Group di Liegi.

Un nuovo metodo per misurare la coscienza

Si tratta di un metodo direttamente ispirato da un principio fondamentale delle neuroscienze teoriche: la coscienza dipende dalla capacità del cervello di generare schemi di attività complessa.

"Per misurare questa capacità - ci spiega il professor Massimini - abbiamo messo a punto un sistema integrato costituito da stimolazione magnetica transcranica (TMS), un sistema di navigazione (NAV) ed elettroencefalografia ad alta densità (EEG). Utilizzando la TMS e il sistema di navigazione, stimoliamo direttamente la corteccia cerebrale, mentre con l'EEG misuriamo la risposta elettrica prodotta dall'intero cervello".

L'idea è molto semplice e ricorda il gesto istintivo di bussare con le nocche sulla superficie di un oggetto per comprenderne la struttura interna. La differenza è che in questo caso si registra l'eco elettrico (EEG) prodotto del cervello in risposta ad una perturbazione magnetica (TMS) e se ne misura la complessità, comprimendo la risposta elettrica cerebrale con gli stessi algoritmi che si utilizzano normalmente per zippare i file su un computer: più la risposta è complessa, meno sarà comprimibile. Il numero ottenuto esprime, quindi, la capacità di un cervello individuale di generare attività complesse.

 

Il metodo di misurazione della coscienza del team di neuroscienziati

Il processo di misurazione della coscienza

"Durante un lungo lavoro di validazione - prosegue il docente di Fisiologia - abbiamo dimostrato che tutte le volte che un soggetto di controllo è cosciente (sia che sia sveglio, che sogni o che sia in uno stato allucinatorio), la complessità è elevata, mentre se il soggetto di controllo è incosciente (sonno senza sogni o anestesia) la complessità si riduce".

Alla fase di validazione, è seguita l'applicazione del metodo di misura della coscienza a pazienti in stato vegetativo (che emergevano dal coma ma che restavano in uno stato di non-responsività): in circa il 20% dei pazienti è stata, quindi, dimostrata la presenza di livelli di complessità compatibili con la presenza di coscienza.

"Questi pazienti ad alta complessità sono da ritenersi coscienti benché disconnessi dall'ambiente esterno (coscienza nascosta), hanno prognosi migliore e vanno incanalati verso percorsi intensivi per il recupero della comunicazione con il mondo esterno" - commenta Marcello Massimini.

Le neuroscienze tra passato e futuro

L'identificazione di un nuovo metodo di misurazione della coscienza ha importanti implicazioni cliniche ed etiche per i milioni di pazienti che oggi sopravvivono al coma grazie alla moderna terapia intensiva e apre all'introduzione di un nuovo metodo applicabile alla clinica.

Il team di neuroscienziati

Il team di neuroscienziati dell'Università Statale di Milano

"La messa a punto del nuovo metodo e la cover story di Scientific American - commenta Marcello Massimini - è motivo di grande soddisfazione, ma soddisfazione ancora più grande è stato veder nascere - nel giro di 10 anni - una squadra di 18 giovani ricercatori, giovani medici, fisiologi, ingegneri, psicologi e filosofi che lavorano insieme con una passione e una competenza riconosciute in tutto il mondo.

"La prossima sfida su cui il nostro team è già al lavoro - conclude il professor Massimini - sarà comprendere a fondo quali sono i meccanismi neuronali che determinano la perdita e il recupero della complessità cerebrale, con l'obiettivo di individuare nuove strategie terapeutiche per facilitare l'emergere della coscienza.

Le ricerche del team di neuroscienze sono state condotte con il supporto di Commissione Europea (FP6, FP7 e H2020), Human Brain Project, James Mc Donnell Foundation (USA), Swiss National Science Foundation, Canadian Institute for Advanced Research, MIUR (Ministero Istruzione, Università e Ricerca) e Università Statale di Milano.

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