Pubblicato il: 04/03/2019
Vincenzo Consolo

Vincenzo Consolo - Foto di Giovanna Borgese

Il 6 e 7 marzo, il dipartimento di Scienze della mediazione linguistica e Studi interculturali dell'Università Statale di Milano e Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori organizzano il convegno internazionale dal titolo "L'opera di Vincenzo Consolo e l'identità culturale del Mediterraneo". Ore 14.30, Sala Napoleonica, via S. Antonio 12.

Il convegno riunisce i maggiori studiosi dell'opera di Vincenzo Consolo ed è anche l'occasione per celebrare i primi 40 anni di vita della Fondazione Mondadori, che ha acquisito l'Archivio Consolo, donato nel 2015 dalla moglie Caterina Consolo e ora aperto al pubblico presso la Sala di Studio di Fondazione, in via Riccione 8 a Milano, dopo un lavoro di riordino concluso nel 2018. In questa occasione, la Fondazione pubblica un nuovo volumetto della collana «Carte raccontate», E questa storia che m'intestardo a scrivere. Vincenzo Consolo e il dovere della scrittura, di Gianni Turchetta, docente di Letteratura italiana contemporanea in Statale e responsabile scientifico del convegno, oltre che curatore de L'opera completa pubblicata nei «Meridiani» Mondadori nel 2015 (Premio Lyons 2016 per curatela e prefazione).

Per l'occasione, abbiamo intervistato il professor Turchetta, per un ritratto della "poetica" e dell'uomo Vincenzo Consolo, a partire del volumetto di prossima uscita per Mondadori.
 

Professor Turchetta, da dove nasce l'idea del volumetto E questa storia che m'intestardo a scrivere su Vincenzo Consolo per «Carte raccontate»?

L'idea è stata di Luisa Finocchi, direttrice di Fondazione Mondadori fino al 2018, in un momento in cui la Fondazione aveva acquisito e stava catalogando le carte e la biblioteca di Consolo donate nel 2015 dalla moglie, Caterina Consolo. Avendo io già curato L'Opera completa, uscita per i «Meridiani» nel 2015, Fondazione Mondadori ha pensato di assegnarmi anche la scrittura del volumetto.

Perché, per «Carte raccontate» ha scelto i tre romanzi La ferita di aprile, Il sorriso dell'ignoto marinaio e Nottetempo, casa per casa, per parlarci di Consolo?

Perché sono tre libri bellissimi, che segnano tre momenti, direi, strategici per la carriera e i metodi di scrittura di Consolo. Le carte dell'Archivio Consolo ci raccontano, infatti, la storia esemplare della conquista, laboriosa e decisa, starei per dire implacabile, di un'identità d'autore. Se La ferita dell'aprile (Mondadori, 1963), romanzo di esordio e di formazione fortemente autobiografico (che racconta gli anni dell'adolescenza, pieni di dolore ma anche di vitalità), nasce in qualche modo spontaneamente, senza un lavoro preparatorio, invece con Il sorriso dell'ignoto marinaio (Einaudi, 1976), capolavoro indiscusso, sulle vicende risorgimentali negli anni dell'impresa dei Mille in Sicilia, Consolo costruisce un progetto nuovo, originalissimo, quello del romanzo da lui definito storico-metaforico, dove la scrittura è preceduta e accompagnata da una ricerca storica molto ampia e approfondita, addirittura ultra decennale. Nottetempo, casa per casa (Mondadori, 1992, Premio Strega) narra delle origini del fascismo ed è basato su ricerche avviate fin dagli anni Sessanta: lo si può definire un romanzo-romanzo, con una ben percepibile continuità narrativa (che invece Il sorriso dell’ignoto marinaio spezzava per programma), ma, per altri versi, Vincenzo Consolo accentua ulteriormente la tensione verso un romanzo-poema, verso una narrativa densa come la poesia.

Lei definisce la scrittura letteraria di Vincenzo Consolo un atto politico. In che modo la sua "parola" è "politica"?

La scrittura letteraria di Consolo ha una densità che consente di cogliere la realtà in modo più profondo, facendo emergere una verità complessa, mai schematica, né rigida o stereotipata. Lo scrittore non può cambiare la realtà, ma deve rappresentare il passato e il presente, e insieme far balenare nella scrittura un possibile cambiamento. Consolo si sforza, proprio con la densità della rappresentazione letteraria, di mettere in scena non una realtà astrattamente oggettiva, ma la realtà così come è vissuta dalle persone che la vivono. In questo modo la sua scrittura si fa sì sperimentale, ma al tempo stesso propone un'etica, molto rigorosa, dell’ascolto dell'altro, del vissuto reale degli esseri umani.

La storiografia, e in particolare quella dedicata alla storia siciliana, ha ispirato alcune delle opere principali della letteratura italiana contemporanea, dai Viceré di De Roberto al Gattopardo di Tomasi di Lampedusa. In cosa la "poetica" di Vincenzo Consolo è differente rispetto a questi "modelli"?

Come ha scritto felicemente il mio maestro Vittorio Spinazzola, il romanzo storico siciliano tende a essere in realtà un romanzo anti-storico, che proietta le vicende su uno scenario metafisico, senza tempo, con una propensione a un atteggiamento sconsolato, di pessimismo senza speranza: se i cambiamenti non sono veri cambiamenti, le cose andranno sempre allo stesso modo, cioè male. È la fin troppo celebre affermazione di Don Fabrizio Salina, nel Gattopardo: "Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi". Consolo rifiuta sia questo genere di pessimismo, che rischia di essere non solo consolatorio ma anche reazionario, sia quel fatalismo rinunciatario per cui, se il mondo non può cambiare, allora perché darsi da fare per cambiarlo? I problemi del Sud Italia sono per lui sì problemi di lunghissima data, ma con cause specifiche e quindi anche con possibili rimedi.

Le continue riscritture e l'uso del dialetto sono elementi con cui Consolo aspira a una "parola" quanto più vicina possibile alla realtà. Cosa può insegnarci oggi il suo "metodo" per analizzare il mondo della comunicazione social, dove parole e immagini quasi mai riescono ad "assomigliare" alla realtà, ma spesso la demistificano o la stravolgono?

Nel mondo social la scrittura, pur non assomigliando alla realtà, si mescola a questa in continuazione ma, potremmo dire, confondendo le carte e facendoci vivere una vita ibridata dai media, in cui spesso non distinguiamo le parole dalle cose e dai fatti, la comunicazione on-line dalla vita off-line: la violenza in Rete ne è la prova più evidente. La scrittura di Consolo ci spinge verso un linguaggio che vorrebbe essere denso, duro come le cose, che sfida titanicamente la realtà, ma contemporaneamente ci ricorda in continuazione che non bisogna mai mescolare, che le parole restano parole, mentre le cose e i fatti sono ben altro. E di solito vincono quest'ultimi.

Perché oggi dovremmo leggere Vincenzo Consolo?

In primo luogo, per la qualità della sua scrittura, che ha pochi termini di paragone nel nostro secondo Novecento. Consolo ha saputo unire la sperimentazione formale a un impegno etico senza sosta, che si fa, come abbiamo visto, anche discorso politico. Non c'è nessuno scrittore italiano, e faticherei a trovarne anche all'estero, che sia stato capace di legare in modo così indissolubile sperimentazione ed eticità. Vincenzo Consolo ha saputo mostrarci la forza espressiva del linguaggio letterario, ricordandoci che la letteratura non basta a sé stessa, ma deve spingere verso la realtà.

Lei ha avuto la fortuna di conoscere personalmente Vincenzo Consolo. Che ricordo ha di lui?

L'ho conosciuto per la prima volta nel 1987, in occasione di una presentazione di Retablo. Lo ricordo non solo come un uomo colto, ma anche molto spiritoso. E poi era un uomo molto generoso. Ricordo un solo episodio: alla fine di gennaio del 2000, presentammo Di qua dal faro, il volume di saggi di Consolo, con lui, Cesare Segre e Ottavio Rossani, presso la Libreria Tikkun di via Montevideo a Milano. Si creò un'atmosfera particolarmente calda e amichevole con il pubblico, tanto che dopo la presentazione molti dei presenti si unirono a noi per la cena in un ristorante vicino. Al momento di chiedere il conto, Consolo, con un grande sorriso, ci disse che aveva già pagato per tutti.

Oltre al professor Turchetta, il convegno internazionale del 6 e 7 marzo, presso l'Università Statale vedrà la partecipazione, come relatori, del regista Salvatore Maira, dell'etnologo Sebastiano Burgaretta, del giornalista e scrittore Corrado Stajano, che a Consolo era legato da una profonda amicizia, oltre a esperti e docenti provenienti da università estere, come Dominique Budor, Nicolò Messina, Daragh O'Connell e Miguel Ángel Cuevas, e italiane, come Carla Riccardi, Marina Paino, Rosalba Galvagno e Giuseppe Traina. Coordineranno i lavori Alberto Cadioli (Università Statale di Milano) e Irene Romera Pintor (Università di Valencia, Spagna). Maggiori dettagli nel programma scaricabile dai "Materiali".

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