Pubblicato il: 06/05/2021
I paleontologi al lavoro per le analisi su un esemplare di Besanosauro

I paleontologi al lavoro per le analisi su un esemplare di Besanosauro

Un team di paleontologi italiani, svizzeri, fiamminghi e polacchi ha scoperto l’esistenza di altri fossili di Besanosauro, simili a quello esposto al Museo di Storia Naturale di Milano ed estratti nel secolo scorso dalle medesime rocce del Triassico che affiorano nel giacimento di Besano-Monte San Giorgio, al confine tra Italia e Svizzera.
La ricerca del gruppo di studiosi si è svolta per musei: tra Milano, Zurigo e Tubinga, dove erano conservati e in parte esposti gli esemplari, e ha permesso di scoprire e di conseguenza studiare altri cinque ittiosauri, tutti di ragguardevoli dimensioni e riferibili alla medesima specie. Un risultato sorprendente se si considera che gli ittiosauri del Triassico Medio sono rari nel mondo e in gran parte di piccole dimensioni.

Il team degli autori, coordinato da Cristiano Dal Sasso (che per primo descrisse il Besanosaurus), ha ristudiato in dettaglio l’esemplare di Milano – che tra l’altro era una femmina gravida, con un embrione nel ventre - e assegnato a questa specie altri tre fossili mai descritti e due che in precedenza erano stati attribuiti a una specie diversa (Mikadocephalus gracilirostris). Quest’ultima è risultata non più valida in quanto non sono state trovate differenze anatomiche significative con il Besanosaurus che fossero in grado di giustificare il mantenimento di due nomi distinti per lo stesso tipo di ittiosauro.

I sei esemplari studiati, conservati e in parte esposti nei musei di Milano, Zurigo e Tubinga, furono estratti nel secolo scorso dal giacimento di Besano-Monte San Giorgio, che affiora lungo il confine tra Italia e Svizzera Una ricerca che ha portato a scoprirne altri cinque, tutti di ragguardevoli dimensioni e riferibili alla medesima specie.

"Nessuno immaginava che nelle collezioni dei musei ci fossero altri ittiosauri di questa specie non ancora identificati, tra cui uno di ben 8 metri: un record tra i predatori marini di quel periodo geologico", afferma Cristiano Dal Sasso che ha coordinato le ricerche. L’articolo scientifico che li descrive è stato appena pubblicato sulla rivista scientifica PeerJ e realizzato da Cristiano Dal Sasso, paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano, Gabriele Bindellini del dipartimento di Scienze della Terra "Ardito Desio" della Statale con i colleghi Andrzej Wolniewicz (Accademia delle Scienze Polacca, Varsavia), Feiko Miedema (Museo Statale di Scienze Naturali, Stoccarda) e Torsten Scheyer (Istituto e Museo di Paleontologia, Università di Zurigo).

Il Besanosaurus leptorhynchus fu scoperto nei dintorni di Besano (Varese) quasi trent’anni fa, durante scavi sistematici condotti dal Museo di Storia Naturale di Milano su concessione del Ministero della Cultura nel di “Sasso Caldo”. L’articolo pubblicato ora riesamina questo esemplare, grazie anche ad una tesi di dottorato supportata dal dipartimento di Scienze della Terra della Statale e affidata al paleontologo Gabriele Bindellini.

I sei Besanosauri – studiati con tecniche per ricostruire i fossili in 3D, TAC medica e fotogrammetria – mostrano soprattutto variazioni di taglia e dunque rappresentano con ogni probabilità diversi stadi di crescita. Il più grande doveva raggiungere gli 8 metri di lunghezza: un vero record tra i rettili marini predatori del Triassico medio, che di norma non superavano i 4-5 metri. Gli strati di roccia in cui sono stati trovati i Besanosauri sono stati datati con attenzione a circa 240 milioni di anni fa. Questa datazione permette di affermare che Besanosaurus è il più antico diapside nuotatore di grandi dimensioni con muso lungo e stretto. I diapsidi sono il gruppo di rettili che comprende lucertole, serpenti, coccodrilli e tutti i loro parenti estinti. L’analisi filogenetica, basata sulle caratteristiche anatomiche evidenziate nell’articolo di PeerJ, indica anche che Besanosaurus è il più antico e più primitivo rappresentante di un gruppo di ittiosauri chiamato shastasauridi, che vissero anche in Cina e Nordamerica.

Link allo studio pubblicato su PeerJ

 

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