Pubblicato il: 14/11/2025
Foto di Vito Lorusso - Heat-Us di Stefania Ballone

Foto di Vito Lorusso - Heat-Us di Stefania Ballone

Come ridefinire il concetto di immagine, abituati come siamo a guardare la realtà da una sola prospettiva? Da questa domanda prende le mosse il progetto Digital Devices and ‘in vivo’ Imaging, dottorato PON reso possibile dal PNRR e guidato da Chiara Cappelletto, docente di Estetica del dipartimento di Filosofia “Piero Martinetti” della Statale. All’interno di questo percorso nasce Heat-Us, performance ideata da Cappelletto, Giulio Galimberti e Arcangelo Merla (Università degli Studi di Chieti Pescara), con la coreografia di Stefania Ballone, che unisce danza, ricerca e tecnologia per esplorare il linguaggio invisibile del calore. Presentata il 18 e 19 ottobre al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” nell’ambito del Festival MILANoLTRE, la performance – che sarà trasmessa prossimamente su Sky Classica – chiude idealmente il percorso di dottorato di Galimberti, coronato dalla tesi On Thermicity. Technocultures, Subjectivities, and Elemental Aesthetics discussa a giugno 2025.

Siamo partiti dal lavoro fatto con il mio gruppo di ricerca Performing Identities Studies (PIS): l’identità umana emerge dalle relazioni che abbiamo con gli artefatti e l’ambiente. Come emerge? Ad esempio, con il calore. Ci siamo quindi concentrati sui corpi in azione, che lo producono e i suoi materiali che lo trattengono e rilasciano. La ricerca di Galimberti nasce da un lavoro interdisciplinare: estetica, scienze cognitive, media studies, perché non si può indagare il soggetto umano da una sola prospettiva. Questa ‘immagine non visiva’ è stata al centro dello studio, che si è radicato sull’elemento performativo: la ricerca artistica è parte della ricerca teorica”, spiega Cappelletto.

Il progetto si colloca nella ricerca sulle tematiche digitali, in particolare per quanto riguarda le tecnologie di visualizzazione in vivo, ovvero tecnologie non invasive e remote che registrano i nostri stati psicofisiologici. Ha studiato gli effetti che le immagini elaborate in questo modo hanno sull'immaginazione delle persone, in modo da creare un dialogo tra filosofia e ingegneria in grado di comprendere le interazioni uomo-macchina.

Al centro della scena di Heat-Us vi sono le termocamere, capaci di restituire in tempo reale la temperatura dei corpi sotto forma di immagine. Il calore, normalmente invisibile, diventa così linguaggio scenico, traccia emotiva e segno visivo dell’interazione tra i corpi. Lo spazio performativo si trasforma in una mappa sensibile, dove il movimento lascia impronte di energia e presenza, invitando il pubblico a riflettere sul modo in cui la tecnologia riscrive la nostra percezione del visibile. – continua CappellettoAlcune delle tecniche di visualizzazione contemporanea producono delle immagini di cose che non hanno immagine, perché sono materia magnetica, termica, sonora che non hanno nulla di visivo e che sono registrate da macchine che producono stringhe di dati. Per questo con il mio gruppo parliamo di “visibilizzazione“. Noi trasformiamo dati in immagini, perché siamo ‘abituati’ a riportare nel regno visibile ciò che non lo è. E pensare che quelle sono immagini è un fraintendimento della dimensione autoriale di quella figura, che risulta da una complessa collaborazione di algoritmi, robot, e persone in carne e ossa. Un altro esempio? Le macchine per effettuare risonanze magnetiche trasformano la radiofrequenza emessa dai protoni in immagine.”

Per realizzare Heat-Us sono state usate tre termocamere messe a disposizione dell’azienda Next2U s.r.l Pescara specializzata in termocamere intelligenti basate su intelligenza artificiale. Le termocamere, normalmente impiegate in campo medicale e militare, diventano qui strumenti di indagine, capaci di rivelare relazioni invisibili tra i corpi attraverso il calore. Molto importante è stato il periodo di formazione di Galimberti nell'azienda. “Questo tipo di scambio con aziende ed enti terzi per portare avanti anche la ricerca di base è molto importante” conclude Cappelletto, che sottolinea con Galimberti anche un altro aspetto messo in luce dal progetto: “La carenza, nel panorama italiano, di connessioni tra ambiti diversi, in questo caso fra ingegneri e filosofi, di cui si sente il bisogno come ricercatori.”

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