Pubblicato il: 14/03/2022
Immagine tratta da Pixabay

Immagine tratta da Pixabay

L’agire insieme è un tratto distintivo della socialità umana. Camminiamo, suoniamo, cuciniamo e facciamo molte altre cose insieme. Ma che cosa caratterizza l’agire insieme? Che cosa distingue l’agire insieme dall’agire individualmente l’uno a fianco dell’altro, come quando, per esempio, ci capita di camminare da soli in mezzo a una piazza affollata di persone che camminano, di suonare uno strumento mentre qualcuno ne suona incidentalmente un altro o di preparare la nostra pietanza preferita mentre altri stanno facendo altrettanto? Su questi interrogativi riflettono, in un articolo appena pubblicato su Mind, una delle riviste filosofiche più prestigiose al mondo, Stephen Butterfill, docente di Filosofia dell’Università di Warwick, e Corrado Sinigaglia, docente di Filosofia della Scienza del dipartimento di Filosofia “Piero Martinetti” dell’Università Statale di Milano.

Molti filosofi, tra cui per esempio John Searle, Margaret Gilbert, Michael Bratman, hanno risposto a queste domande facendo appello a determinati stati degli agenti coinvolti, che hanno etichettato come intenzioni ‘collettive’ o ‘condivise’. Quale sia la natura di questi stati è tutt’altro che chiaro. Così come non è chiaro se le diverse teorie tentino di caratterizzare un singolo fenomeno o piuttosto debbano essere intese come tentativi, in linea di principio compatibili, di caratterizzare differenti fenomeni. Né sembra di facile soluzione distinguere tra teorie corrette da quelle che non lo sono.

I due studiosi hanno cercato di ovviare a queste difficoltà, proponendo una strategia alternativa rispetto a quella standard. Secondo questa strategia, che gli autori definiscono ‘meccanicisticamente neutrale’, si può rispondere alla domanda su cosa distingua l’agire insieme dall’agire individualmente l’uno di fianco all’altro senza impegnarsi in alcun modo circa gli stati degli agenti che causerebbero le loro azioni quando agiscono insieme. Ciò avrebbe il vantaggio di ottenere un terreno comune rispetto al quale valutare le diverse teorie su quali stati, processi o meccanismi renderebbero l’agire insieme possibile.

Nel prospettare tale strategia, Butterfill e Sinigaglia introducono la nozione di ‘scopo collettivo’, cercando di mostrare come tale nozione consenta una definizione ‘meccanicisticamente neutrale’ dell’agire insieme.

Tale definizione può essere valutata come sono state valutate altre definizioni di questo tipo presenti nella letteratura filosofica o scientifica, ossia cercando di vedere se e in che misura esistano stati, processi o meccanismi che istanzino le caratteristiche identificate dalla definizione di agire insieme – spiegano gli autori dello studio -. Che tali stati, processi o meccanismi esistano lo indicherebbero numerosi studi di neuroscienze cognitive che mostrano come gli agenti rappresentino scopi collettivi quado agiscono insieme, cosa che non succede quando si limitano ad agire individualmente l’uno di fianco all’altro”.

Naturalmente – concludono Butterfill e Sinigaglia -, ciò non esclude che altri aspetti dell’agire insieme possano essere definiti in maniera meccanicisticamente neutrale. E nemmeno che possano esservi più definizioni, in parte compatibili o addirittura integrabili in una definizione più generale. Al contrario. Si tratta solo di vedere se e in che misura queste diverse definizioni e possibili integrazioni siano sostanziate dalla scoperta di effettivi stati, processi o meccanismi”.

Il link all'articolo su Mind

 

Contatti