Pubblicato il: 10/06/2020
Il team di ricercatrici guidato dalla docente di Farmacologia  Marina Camera

Il team di ricercatrici guidato dalla docente di Farmacologia Marina Camera

Un insieme specifico (o "firma molecolare") di microvescicole, particelle infinitesimali che vengono rilasciate dalle cellule dei vasi sanguigni e del sangue, rispecchia uno stato di attivazione delle piastrine e di produzione di trombina, due condizioni favorevoli ai processi che portano all’occlusione del bypass aortocoronarico impiantato.

A dimostrarlo uno studio diretto da Marina Camera, docente di Farmacologia dell’Università Statale di Milano, alla guida dell’Unità di Biologia cellulare e molecolare cardiovascolare del Centro Cardiologico Monzino e pubblicato sul prestigioso Journal of the American College of Cardiology.

"L’occlusione del bypass a un anno dalla chirurgia si verifica in circa il 20-25% dei pazienti, malgrado l’assunzione della terapia antiaggregante piastrinica a base di aspirina - spiega la professoressa Camera -. Il problema è capire in anticipo chi appartiene a quella percentuale, per potergli eventualmente somministrare una doppia terapia antiaggregante. Sappiamo infatti, da studi recenti, che somministrare più di un antiaggregante piastrinico, generalmente due, è più efficace nel prevenire la chiusura del bypass, anche se ciò potrebbe esporre maggiormente il paziente stesso al rischio di sanguinamento. Questi farmaci pertanto non devono essere somministrati a tutti indiscriminatamente, ma il loro impiego gioverebbe di un approccio personalizzato".

In particolare, il team di ricerca ha mostrato come sia possibile “pesare” il rischio di occlusione del bypass aortocoronarico attraverso lo studio delle microvescicole, un’area di ricerca di grandissimo interesse biologico e fisiopatologico, che è valso il Nobel per la medicina nel 2013 ai due scienziati americani, James Rothman e Randy Schekman, e al tedesco Thomas Sudhof.

Le microvescicole sono i “postini biologici”, particelle infinitesimali utilizzate da ogni cellula per la comunicazione con le altre cellule: essendo riconducibili alle cellule di provenienza sono in grado di segnalare un’alterazione dell’organo o tessuto da cui provengono, studiandone la quantità circolante e il loro contenuto.

Sfruttando la biobanca di plasmi costituita durante l’arruolamento di 330 pazienti sottoposti a bypass – prosegue Marina Camera - abbiamo dimostrato come la presenza di una determinata combinazione di microvescicole, la cosiddetta firma molecolare, fosse associata a occlusione del bypass a un anno dall’intervento”.

I risultati della ricerca mostrano infatti che, a parità di fattori di rischio, i pazienti con bypass occluso avevano un numero da 2 a 4 volte superiore del nuovo biomarcatore, cioè la firma molecolare di microvescicole, oltre a una maggiore capacità coaugulante rispetto ai pazienti con bypass pervio. La firma rispecchia infatti una maggiore attivazione delle piastrine che, aggregandosi, possono formare trombi all’interno del bypass e generare molecole di trombina. Questa proteina, oltre al suo ruolo nella coagulazione, può promuovere infiammazione e processi di proliferazione cellulare che inducono l’occlusione del bypass.

Il nostro studio offre uno strumento reale per predire, paziente per paziente e prima dell’intervento chirurgico, il rischio di occlusione del bypass aortocoronarico impiantato, permettendo al cardiochirurgo di personalizzare sul paziente la terapia farmacologica e quindi il risultato dell’operazione - conclude la Prof.ssa Camera -. Ora i risultati andrebbero confermati in uno studio più ampio e multicentrico, che siamo già pronti a intraprendere grazie al nostro laboratorio tecnologicamente avanzato e al team di ricercatori al lavoro quotidianamente al fianco dei clinici".

 

 

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