Pubblicato il: 05/11/2020
Un laboratorio di ricerca

Un laboratorio di ricerca

Compiuto all’IFOM di Milano un altro passo in avanti verso una maggiore conoscenza delle metastasi, principale causa di decesso per tumore, e per l’individuazione di terapie più efficaci per contrastarle.

Grazie a un approccio sperimentale che abbina microscopia avanzata e tecniche di meccano-biologia, il gruppo internazionale guidato dal professor Marco Foiani, docente del dipartimento di Oncologia ed Emato-oncologia dell'Università Statale e responsabile dell’unità “Integrità del Genoma” dell'IFOM, ha messo in luce un ruolo inatteso di ATR, battezzata sei anni fa dallo stesso team con il nome di “proteina diapason”.

ATR è una proteina da tempo nota per il suo ruolo di sensore nei processi di riparazione del Dna: è infatti ATR che segnala il danno e attiva a sua volta P53, il 'guardiano del genoma' che previene le mutazioni contrastando l'insorgenza dei tumori. Quanto era emerso nel 2014 dal laboratorio guidato dal Professor Foiani era che ATR esercita un ruolo di sensore anche nelle cellule sane, avvertendo come un diapason le vibrazioni meccaniche che provengono dal nucleo o dall’esterno della membrana ogni volta che le cellule subiscono uno stress meccanico. Tutto questo modula la plasticità della cellula, salvaguardandola dallo stress (
Cell 2014).
I dati di laboratorio che emergono ora con i risultati del nuovo studio, pubblicati su
Nature Communications, è che il controllo che ATR esercita sulla modulazione della plasticità cellulare costituisce altresì un fattore cruciale nella diffusione delle metastasi tumorali.

"Per migrare dal sito primario, invadere l’organismo e colonizzare tessuti anche remoti – spiega Foiani – la cellula metastatica subisce un enorme stress meccanico. Per contrastare tale stress deve mettere in atto delle strategie metamorfiche: si deve cioè deformare, schiacciare e comprimere tutta, nucleo incluso, per riuscire a passare dai pertugi più stretti. Strategie – precisa lo scienziato – che comportano un coefficiente di elasticità adeguata, e questo è conferito proprio da ATR, che rende il nucleo cellulare più elastico e, pertanto, più resistente agli ostacoli presentati dalla migrazione interstiziale. In assenza di ATR, l’involucro nucleare della cellula tumorale tende a essere più rigido, e quindi più fragile, con una tendenza a perdere DNA nucleare e a deflagrare inevitabilmente. Di conseguenza la disseminazione metastatica si affievolisce.

L’evidenza che emerge dai dati pubblicati ora su
Nature Communications spiega finalmente perché gli inibitori di ATR attualmente in sperimentazione in varie fasi degli studi clinici risultano empiricamente efficaci. Concettualmente – commenta Foiani – è paradossale che lo stesso gene sia un oncosoppressore e al tempo stesso un promotore di metastasi esattamente per la stessa capacità che ha di influenzare la forma e la rigidità del nucleo cellulare, ma questo dimostra che il cancro è una patologia meccanica oltre che genetica, in quanto le forze meccaniche possono interferire con la stabilità del genoma”.

Per dimostrare questo ruolo inedito di ATR nella meccanica cellulare, il gruppo di ricercatori IFOM ha adottato un approccio sperimentale completamente diverso rispetto a quelli tradizionalmente utilizzati per studiare le molecole di danno al DNA come ATR. “Attraverso un'ampia collaborazione internazionale – illustra Gururaj Rao Kidiyoor, primo autore dello studio ed esperto di meccano-biologia a livello internazionale – abbiamo miscelato le più avanzate tecniche biofisiche e meccano-biologiche con i nostri apparati di microscopia, microscopia elettronica, proteomica e meccano-medicina. Per osservare le proprietà meccaniche delle cellule abbiamo utilizzato dispositivi microfabbricati e microfludici in abbinamento a microscopia a forza atomica e a diversi esperimenti in vivo come il saggio di disseminazione del cancro, l'elettroporazione e test di migrazione dei neuroni nello sviluppo del cervello di topo. Con l'aiuto dell'unità di meccano-medicina dell'IFOM diretta da Qingsen Li, abbiamo sviluppato strumenti per comprimere le cellule in modo controllato e per indurre stress meccanico, migliorando notevolmente la nostra qualità di analisi.”

Lo studio condotto nei laboratori IFOM, durato sei anni e possibile grazie al sostegno di Fondazione AIRC, non solo amplia la comprensione delle ragioni del successo degli inibitori dell'ATR, ma apre anche alla possibilità di sviluppare in prospettiva una nuova famiglia di farmaci che agiscano solo sul percorso di risposta meccanico di ATR, consentendo potenzialmente di ridurre notevolmente gli effetti degli inibitori ATR su cellule e tessuti sani e, quindi, di non compromettere il suo ruolo essenziale di riparazione del DNA.


 

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