Pubblicato il: 15/09/2020
Immagine a colori presa dal telescopio spaziale Hubble dell’ammasso di galassie MACS J1206

Immagine a colori presa dal telescopio spaziale Hubble dell’ammasso di galassie MACS J1206

La rivista Science pubblica uno studio di un team di ricercatori - fra cui Claudio Grillo, astrofisico dell’Università Statale di Milano - che annuncia una sorprendente differenza tra i risultati di alcune osservazioni e i modelli teorici che descrivono la distribuzione della materia oscura all’interno delle galassie che si trovano in ammassi di galassie.

Non essendo rilevabile da alcun tipo di interazione elettromagnetica, la distribuzione della materia oscura nell’Universo può essere ricostruita solo attraverso metodi indiretti. Tra questi, il lensing gravitazionale, ovvero la deflessione della luce da parte della gravità, è stato teorizzato dalla Relatività Generale di Einstein ed è negli anni diventato una delle tecniche più utilizzate in astrofisica.

Gli ammassi di galassie sono le strutture più massicce osservabili nell’Universo. Essi sono composti principalmente da materia oscura distribuita su diverse scale spaziali, sia concentrata all’interno delle galassie che gli ammassi ospitano, sia diffusa su una scala più estesa.

Quando un ammasso di galassie si trova opportunamente allineato lungo la linea di vista con sorgenti più distanti, esso può agire come una lente gravitazionale forte, creando immagini multiple e distorte delle sorgenti e, nei casi più spettacolari, anelli e archi giganti. L’efficienza di una lente forte dipende principalmente dalla sua distribuzione di massa.

Uno studio dettagliato dei fenomeni di lensing gravitazionale forte in tre ammassi di galassie è stato possibile grazie alle immagini a colori e ad alta risoluzione angolare del Hubble Space Telescope della NASA/ESA e alle osservazioni spettroscopiche raccolte dagli strumenti del Very Large Telescope dell’ESO in Cile.

I risultati mostrano che l’effetto di lensing gravitazionale forte su scala delle singole galassie degli ammassi si osserva con una frequenza 10 volte maggiore rispetto a quanto previsto da avanzate simulazioni cosmologiche ad alta risoluzione, che utilizzano i modelli di materia oscura oggi più accreditati. Tale differenza porterebbe a concludere che la materia oscura contenuta nelle galassie sia significativamente più concentrata di quanto ritenuto finora.

Questi nuovi indizi suggeriscono la mancanza di qualche elemento fondamentale nell’attuale modello teorico che descrive le proprietà fisiche della materia oscura e il suo ruolo nei processi di formazione delle strutture nell’Universo.

Lo studio è nato dalla collaborazione tra diversi osservatori dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), l’Università degli Studi di Ferrara, l’Università di Yale (Stati Uniti) e l’Università degli Studi di Milano. Il lavoro è stato anche finanziato dal PRIN-MIUR (2017WSCC32) che raccoglie le Università degli Studi di Ferrara, Milano, Bologna e l’INAF.

*Nella foto: immagine a colori presa dal telescopio spaziale Hubble dell’ammasso di galassie MACS J1206. Nei riquadri sono mostrati gli ingrandimenti di tre fenomeni di lensing gravitazionale forte (immagini multiple e archi di sorgenti più distanti) associati ad alcune galassie che appartengono all’ammasso. Crediti: NASA, ESA, G. Caminha (University of Groningen), M. Meneghetti (INAF Osservatorio di Astrofisica e Scienza dello Spazio Bologna), P. Natarajan (Yale University), e il team CLASH.

Contatti