Pubblicato il: 27/08/2025
La Libertà che guida il popolo (La Liberté guidant le peuple) di Eugène Delacroix. Foto di WikiImages da Pixabay.

La Libertà che guida il popolo (La Liberté guidant le peuple) di Eugène Delacroix. Foto di WikiImages da Pixabay.

Vie, strade, stazioni postali: erano queste le reti lungo le quali, nel passato, si diffondevano voci, informazioni ma anche, si direbbero oggi, fake news, passando da un villaggio all’altro come un’epidemia. 

A dimostrarlo uno studio internazionale, pubblicato su Nature, condotto da ricercatori e ricercatrici del Centro della Complessità e Biosistemi dell’Università Statale di Milano in collaborazione con l’Université Paris 8 e l’Università di Tolone, che ha preso in esame il periodo storico della Grande Paura, quando tra il 20 luglio e il 6 agosto 1789, all’inizio della Rivoluzione Francese, un’ondata incontrollata di voci su bande armate di banditi e complotti orditi dall’aristocrazia per sopprimere la Rivoluzione, si diffusero in tutta la Francia. Un panico che alimentò le rivolte dei contadini contro i proprietari terrieri e la distruzione di documenti feudali (eventi che spinsero il 4 agosto l’Assemblea Nazionale ad annunciare la fine dei privilegi feudali).

I ricercatori e le ricercatrici, utilizzando un approccio innovativo basato su modelli epidemiologici solitamente impiegati per studiare la diffusione delle malattie, hanno ricostruito come questa ondata di panico si sia trasmessa tra la popolazione. Incrociando fonti storiche, mappe antiche, dati demografici e socioeconomici dell’epoca - come il prezzo del grano, l’alfabetizzazione, la proprietà della terra - hanno così rilevato che la Grande Paura si è propagata attraverso le strade, seguendo uno schema simile a quello dei virus e toccando il picco del “contagio” il 30 luglio. Gli studiosi e le studiose hanno anche calcolato che le voci avanzavano a una velocità media di 45 km al giorno passando da un villaggio all’altro e che il 40% dei luoghi coinvolti si trovava vicino a una stazione di posta. 

Ma c’è anche un altro aspetto che questa ricerca ha portato alla luce: le aree con maggiore alfabetizzazione e ricchezza (ma anche con i prezzi del grano più alti) sono risultate le più colpite. Questo suggerisce che non si trattò di una reazione emotiva incontrollata, ma di una risposta razionale a una situazione insostenibile dovuta a prezzi del grano alle stelle e a leggi sulla proprietà della terra sfavorevoli ai contadini. 

Questa ricerca ribalta l’idea portata avanti da alcuni storici che la Grande Paura fosse una semplice esplosione di isteria, ma a determinarla furono le condizioni politiche ed economiche dell’epoca. Infatti, i dati ci dimostrano che molti atti di rivolta erano mirati e motivati, soprattutto in quei luoghi in cui il sistema di proprietà terriera richiedeva che il signore avesse documenti che attestassero la proprietà e quindi i contadini potevano davvero ottenere vantaggi concreti, con la distruzione dei registri feudali” spiega Stefano Zapperi, professore al dipartimento di Fisica “Aldo Pontremoli” dell’Università degli Studi di Milano e coautore dello studio.

La nostra analisi – aggiunge Caterina La Porta del dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali sempre della Statale e co-autrice dello studio - fa luce su questioni storiografiche ancora irrisolte riguardo al significato della Grande Paura per la Rivoluzione francese ma il punto cruciale di questa svolta scientifica, ovvero di studiare e di spiegare il fenomeno come una malattia contagiosa, deriva dal confronto tra discipline accademiche diverse e dalla collaborazione tra loro. Oltre a me che mi occupo di salute, il team di ricerca è composto da studiosi che provengono dalla fisica statistica e dalla storia dell’economia oltre che esperti di economia. L’unione di differenti conoscenze, prospettive e approcci dimostra anche in questo caso di essere la chiave per nuove scoperte.

La Grande Paura rappresenta un esempio del ruolo che la diffusione di voci può avere nel guidare cambiamenti politici e capire come le voci si diffondono ci aiuta a comprendere non solo il passato, ma anche come reagiamo alle crisi oggi. L’approccio innovativo di questa ricerca dimostra che i fenomeni sociali - anche quelli di oltre due secoli fa - possono essere analizzati con strumenti scientifici moderni. Come i social network oggi diffondono informazioni (e disinformazione), così anche le reti fisiche del XVIII secolo - strade, uffici postali, comunicazioni ufficiali - potevano innescare reazioni a catena su scala nazionaleconclude Zapperi.

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