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Immagine tratta da Pixabay
Nel COVID 19 l’infezione determina l’alterazione dei polmoni che non riescono più a far passare l’ossigeno dall’aria ambiente al sangue alterando quindi i così detti “scambi” respiratori. La ventilazione è quell’insieme di movimenti che porta l’aria nei polmoni dove poi avvengono gli scambi respiratori dei gas tra atmosfera e sangue. La funzione ventilatoria fondamentale per la respirazione è controllata da centri nervosi situati in una parte molto profonda del sistema nervoso centrale, nota come tronco encefalico.
Fino ad oggi i sintomi respiratori dovuti al COVID 19 erano riferiti all’alterazione degli scambi respiratori per effetto dell’infezione a livello polmonare. Uno studio del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università degli Studi di Milano al Polo Universitario Ospedale San Paolo appena pubblicato su Journal of Neurology richiama l’attenzione sull’impatto del Covid sui centri nervosi che controllano la respirazione. Lo studio dimostra che nei pazienti affetti da COVID 19 gravi, ricoverati in rianimazione e sottoposti a ventilazione meccanica, sono alterati i circuiti nervosi proprio nel tronco cerebrale dove si trovano anche i centri di controllo della respirazione.
Il dottor Tommaso Bocci, che ha coordinato lo studio originato dalla collaborazione di neurologi, rianimatori e patologi del Centro di Ricerca "Aldo Ravelli" dell’Università Statale di Milano, spiega che “sono stati studiati 11 pazienti intubati e confrontati con un gruppo di controllo di pazienti intubati senza COVID-19 ed un gruppo di controllo di soggetti completamente normali. In tutti è stato valutato con una metodica elettromiografica il riflesso glabellare o di ammiccamento (anche detto “blink”). Il riflesso glabellare fa in modo che in condizioni normali uno stimolo cutaneo sul sopracciglio induca in pochissimi milllisecondi una chiusura dell’occhio proteggendolo da possibili agenti lesivi. Il circuito di questo riflesso è a livello del tronco cerebrale. L’osservazione principale riportata dal nostro studio è che avvalendosi di questa metodica nei pazienti COVID-19 il riflesso glabellare era gravemente alterato o assente indicando quindi una grave disfunzione dei circuiti del tronco cerebrale.” Il Professor Davide Chiumello, uno degli autori dello studio, direttore della Rianimazione dell’Ospedale San Paolo e docente del dipartimento di Scienze della Salute della Statale, aggiunge che “nei primi pazienti COVID-19 ricoverati in rianimazione avevamo osservato clinicamente alterazioni respiratorie che non erano spiegate solo dalla compromissione degli scambi ma che potevano originare da alterazioni neurologiche del tronco encefalico. L’osservazione con metodiche neurofisiologiche documenta e conferma l’ipotesi che l’alterazione respiratoria pur essendo in gran parte determinata dalla polmonite è amplificata da effetti della malattia sul tronco encefalico. I risultati delle registrazioni neurofisiologiche riportate nell’articolo aggiungono un pezzo importante per la comprensione dei meccanismi della malattia indotta dal virus Sars-Cov-2”.
Il Professor Alberto Priori, direttore della Clinica Neurologica dell’Università Statale presso l’Ospedale San Paolo di Milano e docente del dipartimento di Scienze della Salute conclude che “stiamo progressivamente convincendoci che la punta dell’iceberg del COVID-19 è a livello polmonare ma si possono anche verificare danni neurologici correlati a questa malattia che in fase acuta sono mascherati dal quadro polmonare ed infettivo. Gli effetti neurologici dell’infezione hanno un decorso diverso nel tempo, forse più prolungato, che stiamo iniziando a studiare solo adesso”.
Lo studio pubblicato su Journal of Neurology.
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