Pubblicato il: 02/02/2022
Immagine tratta da Pixabay

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Un importante evento patologico associato al COVID-19 è la distruzione delle cellule adipose, soprattutto del grasso viscerale, con il conseguente passaggio di emboli grassosi nel sangue e loro distribuzione a livello di molteplici organi. Tali emboli, in particolare, sarebbero responsabili della formazione di strutture membranose (membrane ialine) nel polmone, con una conseguente grave disfunzione respiratoria. Sono i risultati a cui giunge uno studio condotto da ricercatori italiani e francesi su reperti autoptici di 19 soggetti deceduti per COVID-19 e 23 soggetti, clinicamente paragonabili, ma deceduti per altre cause. Lo studio evidenzia anche le possibili ragioni della maggiore predisposizione dei soggetti con obesità, affetti da COVID-19, a sviluppare quadri clinici particolarmente gravi.

Pubblicata su International Journal of Obesity, rivista del gruppo Nature, la ricerca è stata condotta da Enzo Nisoli, docente del dipartimento di Biotecnologie mediche e Medicina traslazionale, in collaborazione con l’équipe del professor Saverio Cinti (Università Politecnica delle Marche), oltre a ricercatori di Medicina Legale, Patologia Sperimentale e Microbiologia, sempre dello stesso Ateneo e dell’Università Côte d’Azur di Nizza.

Lo studio —  spiega il professor Nisoli è l’estensione e l’approfondimento di un’osservazione precedente — pubblicata lo nel 2020 come dato preliminare e ipotesi sulla stessa rivista (International Journal of Obesity), sulla presenza di embolie grassose nelle biopsie polmonari di due soggetti morti in seguito alle complicanze da COVID-19. La ricerca non solo conferma l’embolia grassosa polmonare nella totalità dei soggetti COVID-19 studiati, ma descrive anche gli aspetti di transizione tra i lipidi e le membrane ialine. Queste ultime sono strutture membranose che si dispongono nell’interfaccia tra aria e sangue dei polmoni, impedendo gli scambi gassosi”.

I ricercatori avanzano, quindi, una possibile spiegazione dei meccanismi che determinano l’evento embolico. È noto, infatti, che i soggetti con obesità — e particolarmente quelli con obesità viscerale — vanno incontro a una prognosi peggiore se affetti da COVID-19. Il grasso dei soggetti con obesità è infiammato, processo innescato dalla morte degli adipociti. Queste cellule, infatti, sottoposte alla richiesta di immagazzinare sempre più grassi, via via si ingrandiscono andando incontro a stress, morte (piroptosi) e disgregazione. Gli adipociti deteriorati e i loro frammenti vengono eliminati dai macrofagi (cellule infiammatorie immunitarie), vere “cellule spazzino”.

Gli adipociti del grasso viscerale - afferma ancora il professor Nisoli -, sono più suscettibili a questi fenomeni di degradazione; pertanto, tale deposito nei soggetti con obesità è particolarmente infiammato e pieno di cellule morte”.

I ricercatori hanno dimostrato che le cellule adipose umane, infettate in vitro dal virus SARS-CoV-2, muoiono rilasciando nell’ambiente extracellulare il loro contenuto lipidico. Ciò spiega perché il grasso viscerale dei soggetti COVID-19 è ancora più infiammato, con un numero doppio di macrofagi rispetto ai soggetti non-COVID-19. Il sangue venoso da questo grasso, con il suo contenuto di emboli grassosi, raggiunge i polmoni dopo aver attraversato il fegato. Coerentemente, lo studio mostra che nei pazienti con obesità e infezione COVID-19 il fegato presenta importanti segni di embolia grassosa.

Val la pena ricordare – conclude Nisoli - un risultato del tutto inaspettato di questo studio. E’ la prima volta, infatti, che si sono osservano segni di embolia grassosa polmonare nei soggetti con obesità in assenza di infezione (anche se in maniera significativamente meno frequente rispetto ai soggetti infettati). La contemporanea assenza di membrane ialine in questi soggetti sottolinea l’importanza del virus nel parenchima polmonare (come identificato mediante il microscopio elettronico in questo studio) come motore della formazione di tali aggregati patogeneticamente rilevanti per l’innesco dei danni polmonari e dei sintomi della malattia, che portano, nei casi più gravi, all’intubazione del paziente”.

In sintesi, lo studio fornisce una spiegazione non solo della maggiore predisposizione dei soggetti con obesità a sviluppare quadri clinici particolarmente gravi in corso di infezione da SARS-CoV-2, ma, più in generale, del grave quadro polmonare — con alterazioni morfo-funzionali acute e bilaterali — che insorgono in questi pazienti. I ricercatori sono convinti che queste osservazioni potrebbero avere importanti ripercussioni, sia diagnostiche che terapeutiche, anche nei soggetti normopeso con COVID-19 e in quelli con obesità senza infezione.

Il link allo studio pubblicato su International Journal of Obesity

Contatti

  • Enzo Nisoli
    Dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina Traslazionale