Pubblicato il: 10/11/2020
Immagine tratta da Pixabay

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L’infodemia, ovvero la “circolazione” di un eccesso di informazione spesso non verificata, aumenta la diffusione del virus: la falsa informazione, infatti, inducendo comportamenti negativi come l’interruzione volontaria del lockdown o della quarantena e il mancato rispetto dell’uso di misure di protezione e controllo può avere effetti anche sulla circolazione del contagio. Lo mostra, scientificamente, uno studio pubblicato sulla rivista Applied Network Science, condotto da Giuseppe Primiero, docente dell'Università Statale membro del Gruppo di Logica del dipartimento di Filosofia "Piero Martinetti" dell’Ateneo, con Lorenzo Prandi, laureato in Filosofia della Statale.

I ricercatori hanno messo a punto un modello basato su regole logiche e implementato in una simulazione ad agenti per simulare l’interazione tra falsa informazione e pandemia: lo scopo è formalizzare i meccanismi logici del rifiuto di informazione proveniente dall'autorità da parte di individui caratterizzati come paranoidi, e di quantificare i loro effetti sulla diffusione di un virus con caratteristiche simili a quelle mostrate dal COVID-19 nel periodo febbraio-maggio 2020 in Italia. Gli agenti paranoidi producono dunque falsa informazione, inducendo comportamenti negativi come l’interruzione volontaria del lockdown o della quarantena, e il mancato rispetto dell’uso di misure di protezione e controllo.

Lo studio mostra come l’infodemia aumenti la diffusione del virus in tutti i modelli analizzati, e più sono severe le misure applicate per limitare i contagi, più l’effetto della disinformazione diventa visibile sul numero dei contagiati.

Il modello di controllo disegna uno scenario in cui il virus ha una diffusione del 100% in 35 giorni su una popolazione di 500 individui, con una mortalità dell’8%. Un lockdown totale in questo modello riduce la diffusione del 76% e la mortalità del 75%. La diffusione di falsa informazione annulla questi effetti positivi per il 96%, rilevano i ricercatori.

In un lockdown parziale solo per studenti e anziani, nel quale restano invece libere di muoversi le categorie produttive, il tasso di contagio è ridotto del 20% rispetto allo scenario di controllo. Una volta aggiunta la diffusione di falsa informazione da parte di agenti scettici questo vantaggio scompare quasi del tutto, e scompare per il 55% nel caso di lockdown parziale in combinazione con politiche mirate di identificazione e isolamento dei contagiati (test and trace strategy).

Inoltre, la "misinformazione" intesa come falsa informazione diffusa senza coscienza che essa sia tale, per esempio per ignoranza dei fatti o pregiudizio - aumenta non solo il numero dei contagiati, ma anche la velocità della curva epidemiologica, generando una più difficile gestione del tracciamento dei contagi e della cura degli infetti. In un contesto di lockdown totale il modello mostra un tasso di mortalità al 1.2%, con una durata media di 104 giorni; nel modello con falsa informazione, la completa infezione della popolazione è raggiunta in 85 giorni, con un tasso di mortalità che torna quasi all’8%. Con un lockdown parziale per studenti ed anziani, l’infodemia accellera la diffusione del virus raggiungendo il picco di diffusione con 10 giorni di anticipo rispetto al modello di controllo.

I ricercatori hanno anche definito anche un parametro per quantificare il danno sociale computato tenendo in considerazione il numero di infetti e il numero pesato di agenti che rimangono stazionari nel rispetto delle strategie di lockdown parziale. In tutti gli scenari, questo parametro aumenta con la presenza della misinformazione, fino a triplicare.

Applicare deterrenti aggiuntivi per indurre gli agenti a rispettare le regole ha mitigato solo blandamente l’effetto della misinformazione: pochi agenti che si rifiutano di rispettare le regole sono responsabili di un aumento notevole dei contagi. Questo suggerisce che prevenire la diffusione di notizie false, piuttosto che rimediare ai loro effetti, potrebbe avere benefici maggiori.

"Si dice spesso – commenta Giuseppe Primiero - che le fake news hanno un effetto negativo. In questo studio abbiamo quantificato questo effetto nel contesto della crisi che stiamo vivendo. Il nostro modello simula una piccola popolazione, ma le sue caratteristiche demografiche, così come le politiche di controllo applicate, sono modulate su quelle reali italiane nel periodo della prima ondata di COVID-19. I nostri risultati indicano quanto sia pericoloso sottovalutare l’aspetto della comunicazione e dell’irrazionalità nello sforzo di sconfiggere la seconda ondata della pandemia".

 

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