Pubblicato il: 20/04/2021
Immagine tratta da Pixabay

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Proporre un punto di vista qualificato sulla gestione della vaccinazione COVID-19 per pazienti con malattie infiammatorie immuno-mediate (IMIDs) e identificare i gruppi a rischio in base alle diverse tipologie di malattie e alle relative terapie croniche specifiche. Questi gli obiettivi del Position Paper messo a punto dai ricercatori del Centro di Ricerca Coordinato sulle IMIDs, coordinato da Sandro Ardizzone, docente del dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche “L. Sacco” dell’Università Statale di Milano.

Pubblicato su Frontiers in Immunology, il paper intende focalizzare l’attenzione sulla somministrazione dei vaccini contro il COVID19 in persone affette da malattie infiammatorie immuno-mediate (IMIDs), quali malattie infiammatorie croniche intestinali (colite ulcerosa e malattia di Crohn), malattie reumatiche (artrite reumatoide), glomerulopatie immunomediate, malattie cutanee (malattie bollose autoimmuni e dermatiti atopiche), oculopatie (uveiti e retinopatie), diabete mellito tipo 1, pneumopatie croniche (asma severa, sarcoidosi, etc). Gli studi clinici sui vaccini oggi disponibili hanno, infatti, fornito risultati sulla popolazione generale, mostrando un'elevata efficacia con eventi avversi minori. Tuttavia, mancano ancora dati specifici sulla loro efficacia e sicurezza nei pazienti con  IMIDs.

Da qui, l’esigenza sentita dai ricercatori della Statale di elaborare un Position Paper specifico sul tema, anche alla luce di dare priorità ad alcune categorie di pazienti vulnerabili rispetto ad altre. Nel Paper, in particolare, in base ai dati della letteratura attualmente disponibili, viene proposto un grading di priorità che tiene conto dei dati demografici e delle differenze geografiche, delle diverse esposizioni professionali e di fattori di rischio correlati alle IMIDs, inclusi eventuali condizioni che possano esser motivo di esclusione o ritardo della somministrazione del vaccino (ad esempio pazienti con storia di allergia grave, infezione da SARS-CoV-2 in corso, pazienti in terapia con steroidi o rituximab).

"La rapidità con la quale si stanno rendendo disponibili vari vaccini – spiegano i ricercatori autori del Paper -  non permette, almeno per il momento, di rispondere a varie domande relative all’esistenza di eventuali differenze nella risposta ai vaccini attualmente in uso, a come i diversi farmaci immunosoppressori e biologici utilizzati per trattare le IMIDs possano influenzare la natura e la durata della risposta immunitaria, se saranno sufficienti due dosi di vaccino, e, ancora, se essi possano influenzare la gravità del COVID-19 o siano efficaci anche nel proteggere dall’infezione asintomatica. Per rispondere a questi quesiti, saranno necessari studi specifici sulle diverse sottopopolazoni di pazienti con IMIDs. A questo scopo, un Registro che arruoli prospetticamente i Pazienti con IMIDs vaccinati contro la SARS-CoV-2, è fondamentale per la sorveglianza post-marketing dei vaccini".

Il link al Paper su su Frontiers in Immunology

 

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