Pubblicato il: 14/05/2020

L'Italia, e in particolare la Lombardia, continuano a essere pesantemente colpite dalla pandemia di COVID-19.  Secondo i dati ufficiali, all’11 maggio si registravano oltre 219.000 casi e 30.739 decessi in Italia, di cui oltre 81.800 casi e 15.054 decessi in Lombardia.
Le cifre ufficiali sono tuttavia ampiamente sottostimate: i casi registrati, infatti, includono essenzialmente i ricoveri ospedalieri, più un ristretto numero di soggetti positivi a tamponi PCR eseguiti in modo non sistematico e variabile nel tempo.


Per stimare il numero di possibili contagi da COVID, una breve survey è stata messa a disposizione di tutti gli studenti e il personale sul sito dell'Università Statale nel periodo dal 14 al 30 aprile 2020. L'indagine, anonima alla fonte, includeva una serie di domande sui sintomi correlati a Covid-19 (febbre, cefalea, raffreddore, tosse, anosmia, disturbi gastrointestinali, e separatamente febbre oltre 38.5° C) nelle tre settimane precedenti.  Il periodo complessivamente coperto dallo studio va quindi dal 24 marzo al 30 aprile.
L’indagine epidemiologica, coordinata da Carlo La Vecchia, docente del dipartimento di Scienze cliniche e di comunità, ha coinvolto più di 14.000 partecipanti, a cui va il ringraziamento per la collaborazione allo studio. Il sondaggio è stato supportato tecnicamente dal CTU, il centro per l’innovazione didattica e le tecnologie multimediali di ateneo.

I dati dell'indagine epidemiologica coordinata da Carlo La Vecchia, docente del dipartimento di Scienze cliniche e di comunità

I dati dell'indagine epidemiologica coordinata da Carlo La Vecchia, docente del dipartimento di Scienze cliniche e di comunità

La Tabella 1 illustra la prevalenza di sintomi COVID-like. Nel periodo in esame (dal 24 marzo al 30 aprile) il 21.8% dei soggetti (No. 3.138) ha riportato sintomi di tipo Covid-19, e l'1.5% (No. 219) febbre superiore a 38.5° C; 217 soggetti hanno eseguito almeno un tampone. Di essi, 46 erano risultati positivi (21.3% di quelli eseguiti, 0.3% del complesso dei rispondenti).

I dati dell'indagine epidemiologica coordinata da Carlo La Vecchia, docente del dipartimento di Scienze cliniche e di comunità

I dati dell'indagine epidemiologica coordinata da Carlo La Vecchia, docente del dipartimento di Scienze cliniche e di comunità

La frequenza di soggetti che hanno riferito sintomi di tipo Covid-19 era simile in donne e uomini, leggermente più alta nei giovani (in larga parte, studenti), nei fumatori e nei soggetti sovrappeso (Tabella 2). La giovane età della maggioranza della popolazione – rappresentata dagli studenti - suggerisce che una proporzione rilevante di tali sintomi possa essere attribuita a COVID-19, e non a patologie croniche eventualmente associate a tali sintomi principalmente nei soggetti più anziani. Inoltre, sia l’influenza stagionale che molte altre virosi sono poco frequenti a fine marzo-aprile.

Tuttavia, parte dei sintomi riferiti può essere legata ad altre condizioni (virali) non specifiche. È possibile, in ogni caso, che una parte delle sintomatologie – e la maggioranza degli episodi di febbre superiore a 38.5° C – sia dovuta a Covid 19. Ipotizzando che solo la metà dei sintomi segnalati sia riconducibile a Covid-19, la nostra indagine conferma che circa il 10% della nostra comunità accademica sarebbe stata affetta da Covid-19.

I dati dell'indagine epidemiologica coordinata da Carlo La Vecchia, docente del dipartimento di Scienze cliniche e di comunità

I dati dell'indagine epidemiologica coordinata da Carlo La Vecchia, docente del dipartimento di Scienze cliniche e di comunità

 

La Tabella 3 fornisce le misure della forza dell'associazione (odds ratio multivariati - OR) del sintomo “febbre superiore a 38.5° C in relazione al genere, alla età, al fumo e all’indice di massa corporea. L’unico risultato significativo è l'OR inferiore nelle donne (OR=0.65) rispetto agli uomini. È noto che le donne hanno una minor frequenza di COVID-19 moderato e grave, sia per motivi genetici che per migliori stili di vita e quindi minor frequenza di patologie concomitanti. Questo dato conferma indirettamente che una proporzione rilevante di sintomi riportati sono da attribuire a COVID-19.

I dati dell'indagine epidemiologica coordinata da Carlo La Vecchia, docente del dipartimento di Scienze cliniche e di comunità

I dati dell'indagine epidemiologica coordinata da Carlo La Vecchia, docente del dipartimento di Scienze cliniche e di comunità

La Tabella 4 riporta la prevalenza dei sintomi COVID-like nei coabitanti. Vi è una forte associazione tra sintomatologia nel rispondente e nei coabitanti: il 64% dei soggetti con sintomi ha riportato almeno un coabitante con sintomi, rispetto al 14% dei soggetti asintomatici. L'OR corrispondente era di 11.4, con intervallo di confidenza al 95% 10.4-12.6.

La forte contagiosità intra nucleo di coabitazione è una ulteriore indicazione che i sintomi siano stati causati da un agente patogeno nuovo - il SARS-CoV-2 – rispetto al quale non vi era immunità nella popolazione.

Altri soggetti saranno stati affetti da sintomi analoghi prima del 24 marzo, anche se i dati di febbraio-inizio marzo potrebbero essere confusi dalla fine della epidemia di influenza stagionale. A queste stime vanno poi aggiunti i soggetti infetti da Covid 19 completamente asintomatici, o con sintomi così lievi da non venire riportati (anche se in questi mesi tutti sono stati così impressionati dalla pandemia da Covid 19 da porre attenzione anche a sintomi minori).
Anche se non rappresentativi della popolazione generale, questi dati confermano pertanto che, anche ignorando i casi asintomatici, il Covid-19 ha colpito una parte sostanziale della comunità accademica in marzo e aprile, ampiamente superiore rispetto ai casi registrati.

"Siamo soddisfatti ed orgogliosi dell’ampia adesione dell’ateneo a questa indagine - commenta Maria Pia Abbracchio, Prorettrice a Strategie e Politiche della Ricerca - che conferma la volontà della Statale di contribuire in tutti i modi possibili ad avanzare le conoscenze sulla nuova infezione, mettendole a disposizione dell’intera cittadinanza. Quindi, non solo il personale sanitario e i ricercatori, ma tutte le componenti della nostra Università, inclusa quella studentesca, fanno la loro parte nella risposta al COViD-19".

 

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