Pubblicato il: 20/03/2025
La rotazione della volta celeste in un’immagine notturna a lunga esposizione dell’Osservatorio Nazionale di Kitt Peak, in Arizona, con al centro la cupola del telescopio “Mayall” di 4 metri, con il quale opera lo strumento DESI (KPNO/NOIRLab/NSF/AURA/B. Tafreshi).

La rotazione della volta celeste in un’immagine notturna a lunga esposizione dell’Osservatorio Nazionale di Kitt Peak, in Arizona, con al centro la cupola del telescopio “Mayall” di 4 metri, con il quale opera lo strumento DESI (KPNO/NOIRLab/NSF/AURA/B. Tafreshi).

L’Università Statale, con il suo dipartimento di Fisica “Aldo Pontremoli”, partecipa sia a DESI che a Euclid le due maggiori survey cosmologiche di galassie attualmente in corso che, il 19 marzo, hanno presentato alla comunità scientifica nuovi risultati di grande rilevanza per la nostra conoscenza della cosmologia e dell’astrofisica. 

Da tre anni il progetto DESI (Dark Energy Spectroscopic Instrument) si concentra sulla spettroscopia da terra per mappare la distribuzione di galassie e quasar e, dall’avvio delle sue osservazioni, ha battuto ogni record per il numero di distanze misurate, con oltre 40 milioni di redshift. Da circa un anno, invece, la missione spaziale Euclid, il “geometra” dell’universo oscuro, ha iniziato a mappare la distribuzione delle galassie e della materia oscura con due survey simultanee di immagini e spettroscopia, con l’obiettivo di coprire la gran parte del cielo al di fuori del piano della nostra galassia.    

DESI e il mistero della costante cosmologica

La collaborazione DESI ha reso pubblici i sorprendenti risultati ottenuti dall’analisi del più grande campione tridimensionale di galassie mai costruito finora: si tratta di più di 15 milioni di galassie raccolte nel catalogo DR2, di cui DESI ha misurato le distanze, ricostruendo la struttura dell’Universo in un volume senza precedenti. 

Misurando il livello di disomogeneità della materia alle diverse scale, si ottiene infatti una stima di altissima precisione del contributo dei diversi ingredienti della “mistura cosmica”, che nel modello cosmologico standard (il cosiddetto modello Lambda-CDM) è dominata dalle misteriose e ancora indefinite materia oscura ed energia oscura Queste componenti risultano necessarie per spiegare il comportamento gravitazionale dell’Universo a grande scala e la formazione delle strutture che oggi vediamo, dalle galassie agli ammassi di galassie, ai filamenti, con grandi zone quasi vuote. Il problema è che da un lato non si riesce a trovare evidenza del tipo di particelle elementari che sembrerebbero essere i candidati naturali per la materia oscura. Dall’altro, non comprendiamo la natura dell’energia oscura, che sembra manifestarsi nella sua forma più semplice, quello della cosiddetta Costante Cosmologica (indicata con la lettera Lambda, appunto), originariamente introdotta da Albert Einstein nelle sue equazioni della Relatività Generale ai primi del Novecento, e “riesumata” nel 1998 dopo la scoperta dell’accelerazione dell’espansione cosmica, valsa il Premio Nobel 2011 ai suoi scopritori Saul Perlmutter, Brian Schmidt e Adam Reiss.

Obiettivo delle “redshift surveys”, come quelle di DESI e di Euclid, è stimare le distanze degli oggetti cosmici misurando lo spostamento verso il rosso (redshift) delle righe degli elementi chimici che conosciamo nei loro spettri: a causa dell’espansione dell’Universo, il redshift è proporzionale alla distanza dell’oggetto. Nota la distanza, possiamo ricostruire la distribuzione tridimensionale di questi oggetti e produrre mappe come quella mostrata nel video, che vengono poi analizzate con strumenti statistici e confrontati con i modelli teorici.

Nel video la mappa tridimensionale dell’Universo costruita da DESI. La Terra si trova al centro dell’immagine, circondata dall’intricata rete cosmica in cui ogni punto rappresenta una galassia (DESI collaboration e KPNO/NOIRLab/NSF/AURA/R. Proctor).

I risultati di DESI, pubblicati il 19 marzo, si riferiscono a un’analisi di questo tipo e sembrano scrivere un nuovo capitolo nella comprensione dei misteriosi ingredienti del modello cosmologico standard. “L’analisi dei nuovi dati raccolti da DESI, se considerata da sola, è coerente con le predizioni del modello Lambda-CDM” – afferma Davide Bianchi, ricercatore presso il dipartimento di Fisica “Aldo Pontremoli” e membro “Builder” del progetto DESI.  “Quando però uniamo queste misure a osservazioni complementari, come quelle delle supernovae lontane, del “lensing gravitazionale” e della radiazione cosmica di fondo, il quadro che otteniamo è diverso e in qualche modo sorprendente. La semplice costante cosmologica sembra infatti non essere in grado di spiegare l’insieme dei dati in maniera coerente. Al contrario emergono indizi di un affievolimento del contributo dell’energia oscura e di una sua inaspettata natura dinamica, variabile nel tempo. L’interpretazione teorica di questo risultato non è ovvia e forse l’Universo ci sta dicendo che è in realtà più complicato di quanto pensassimo”.

Assieme all’annuncio e ai relativi articoli scientifici che descrivono le misure sul campione DR2, la collaborazione DESI ha reso pubblico anche il catalogo DR1, contenente le misure di distanze raccolte nel primo anno di osservazioni per i primi 4 milioni di stelle, 13.1 milioni di galassie e 1.6 milioni di quasar. È questo il catalogo da cui erano stati ottenuti nell'aprile del 2024 i primi risultati cosmologici, e che ora potrà essere ulteriormente analizzato dalla comunità scientifica internazionale. Il progetto DESI è ora nel suo quarto anno di osservazioni. L’obiettivo, nei prossimi due anni, è di arrivare a un campione finale di 50 milioni di misure di distanze di galassie e quasar. 

Cos’è la collaborazione DESI

La collaborazione DESI prende il nome dal Dark Energy Spectroscopic Instrument (DESI), un rivoluzionario spettrografo con 5mila piccoli robot che posizionano altrettante fibre ottiche, montato sullo storico telescopio Mayall del diametro di quattro metri installato presso l’osservatorio di Kitt Peak, in Arizona.  DESI è in grado di misurare in una sola notte lo spettro di più di 50mila galassie. Dallo spostamento delle righe spettrali causato dall’espansione dell’Universo, il redshift, si risale alla distanza dell’oggetto, mappando grandi porzioni di Universo in tempi rapidi. In tre anni di osservazioni DESI ha misurato più di 40 milioni di distanze, consentendo di ricostruire con una precisione inferiore ad una parte su 100 come sia cambiata la velocità di espansione dell’Universo negli ultimi 11 miliardi di anni (su 13,8 della sua età stimata). Questa evoluzione è intimamente legata a uno dei più grandi misteri della fisica: la natura dell'energia oscura, l'ingrediente sconosciuto che sta facendo espandere il nostro universo sempre più velocemente.

La collaborazione DESI include più di 900 ricercatori provenienti da più di 70 istituzioni in tutto il mondo ed è coordinata dai Berkeley Lab dell’US Department of Energy. I risultati qui riportati sono raccolti in una serie di articoli scientifici pubblicati sull’archivio online “arXiv”.
 

 Una selezione di sei ammassi di galassie che producono effetti di “lensing gravitazionale forte”, individuati da Euclid nell’area di cielo coperta da Q1. Le immagini in tricromia sono ottenute combinando l’immagine dello strumento in banda visibile (VIS), con due immagini osservate dallo strumento infrarosso (NISP).

Una selezione di sei ammassi di galassie che producono effetti di “lensing gravitazionale forte”, individuati da Euclid nell’area di cielo coperta da Q1. Le immagini in tricromia sono ottenute combinando l’immagine dello strumento in banda visibile (VIS).

La “Quick Release 1” di Euclid

Sempre nella giornata del 19 marzo, la collaborazione Euclid ha reso pubblico un primo campione di dati fotometrici e spettroscopici raccolti dal telescopio su un’area di 63 gradi quadrati, la cosiddetta “Quick Release 1” (Q1).  Lo scopo in questo caso è fornire alla comunità scientifica una prima idea di quella che sarà poi, alla fine del 2026, la “Data Release 1” (DR1), che coprirà quasi 2.000 gradi quadrati.  Assieme ai dati di Q1, sono stati presentati sull’archivio arXiv ben 27 articoli che ne descrivono le prime analisi scientifiche. A questi si uniscono 7 pubblicazioni riguardanti le tecniche sviluppate allo scopo da parte del cosiddetto “Segmento di Terra” della missione, del quale l’Italia, grazia al sostegno dell’Agenzia Spaziale Italiana, ha la responsabilità.

Mentre DESI è una survey esclusivamente spettroscopica, Euclid porterà a termine due diversi “esperimenti”: una survey spettroscopica delle galassie per realizzare e analizzare mappe tridimensionali su un volume scelto in modo complementare a quello di DESI (più lontano) e, simultaneamente, una mappa fotografica del cielo in quattro filtri, uno nel visibile e tre nell’infrarosso, con cui misurare, in particolare, l’effetto di “lensing gravitazionale debole” e da questo ricavare misure dei parametri cosmologici indipendenti e complementari a quelle ricavate dalla redshift survey.  La combinazione di questi due approcci rende Euclid una missione unica in termini di ricadute future sia per la cosmologia, sia più in generale per la fisica degli oggetti cosmici.

I dati di questa prima release Q1 forniscono già una chiara dimostrazione delle potenzialità del telescopio spaziale Euclid per un’ampia gamma di applicazioni scientifiche.  Ad esempio, l’alta risoluzione delle immagini dallo spazio apre una nuova era per lo studio delle cosiddette “lenti gravitazionali forti”. Prima di Euclid, indagini di questo tipo erano possibili solo su aree molto piccole, usando il telescopio spaziale Hubble.  In questo ambito si colloca proprio l’articolo, tra quelli di Q1 presentati il 19 marzo, di cui è primo autore Pietro Bergamini, assegnista di ricerca nel gruppo di Claudio Grillo, docente di Astrofisica extragalattica presso il dipartimento di Fisica “Aldo Pontremoli”. “Avere un telescopio spaziale con un campo di vista più di 100 volte più grande, ma con risoluzione angolare paragonabile a quella del telescopio spaziale Hubble, sta aprendo orizzonti mai esplorati prima”, ci spiega il dottor Bergamini. “Euclid è un vero grandangolo spaziale. Già con i soli dati di Q1 abbiamo fatto un salto di qualità nello studio delle lenti gravitazionali: possiamo solo immaginare cosa potremmo scoprire quando l’intera survey di 14.000 gradi quadrati sarà completata”.  Il fenomeno di lente gravitazionale, predetto dalla teoria della Relatività Generale di Einstein, permette di ricostruire la distribuzione della materia oscura nelle galassie e negli ammassi di galassie.  Nell’articolo guidato da Bergamini, vengono presentate le immagini di 14 nuove “lenti” scoperte nell’area di Q1, di cui in foto mostriamo sei esempi spettacolari. 

Immagini in tricromia di un campione di galassie identificate nei dati di Q1, che agiscono come lenti gravitazionali forti su sorgenti più distanti, visibili sotto forma di immagini multiple o archi estesi (ESA/Euclid/Euclid Consortium/NASA, M. Walmsley, T. Li, N. Lines, and Euclid SL SWG)

Immagini in tricromia di un campione di galassie identificate nei dati di Q1, che agiscono come lenti gravitazionali forti su sorgenti più distanti, visibili sotto forma di immagini multiple o archi estesi (ESA/Euclid/Euclid Consortium/NASA, M. Walmsley, T. Li, N. Lines, and Euclid SL SWG)

L’effetto di lente gravitazionale forte si manifesta anche sulla scala delle galassie. Un altro assegnista dello stesso gruppo presso il dipartimento di Fisica, Stefan Schuldt, ha coordinato un gruppo di lavoro di Euclid che ha condotto una ricerca meticolosa di “galassie lenti” con i dati di Q1. Partendo da immagini simulate realistiche, degli algoritmi di intelligenza artificiale sono stati allenati a riconoscere la presenza di questo effetto e sono stati poi applicati a più di un milione di immagini vere di galassie estratte dai dati Euclid Q1. Questo ha prodotto circa 100.000 promettenti candidati, che sono stati poi ispezionati visivamente da diversi membri della collaborazione Euclid, assieme ad un gran numero di appassionati non professionisti che sono stati coinvolti in un'esperienza di “Citizen Science”.  Questo ha portato ad un numero di più di 500 candidati lente affidabili, alcuni dei quali sono mostrati nella figura accanto. “Il risultato è particolarmente entusiasmante – aggiunge il dottor Schuldt - poiché implica che al termine della missione, Euclid avrà rivelato più di 100.000 galassie che agiscono come lente gravitazionale. Inoltre, tra gli oggetti identificati in Q1 vi sono alcuni casi di lenti estremamente rare, in cui due o più sorgenti sono allineate lungo la linea di vista, esattamente dietro alla galassia lente”.

Infine, tra gli articoli pubblicati vi sono 7 articoli tecnici che accompagnano le analisi scientifiche.   “In questi articoli vengono descritte le procedure e le calibrazioni utilizzate per trasformare i dati grezzi che ci arrivano dal telescopio in informazioni utilizzabili per l’analisi scientifica.  Si tratta, in pratica, dei libretti di istruzioni per usare i dati di Q1” - afferma Davide Maino, docente di Cosmologia presso il dipartimento di Fisica della Statale e vicecoordinatore del “Science Data Centre” italiano della missione Euclid.

Questi entusiasmanti risultati danno l’idea dell’impatto scientifico che Euclid e DESI, due esperimenti simili ma fortemente complementari avranno nei prossimi cinque anni – aggiunge Luigi Guzzo, docente di Astrofisica al dipartimento di Fisica “Aldo Pontremoli” dell’Università Statale di Milano  e coordinatore scientifico della missione Euclid.  “Potremmo davvero trovarci all’alba di importanti cambiamenti nella comprensione del nostro Universo nel suo complesso, guidati da dati senza precedenti. Le mappe spettroscopiche di questi due esperimenti esplorano volumi di Universo a diverse epoche cosmiche come mai fatto prima.  A questo, Euclid aggiungerà la mappa della materia oscura ricavata dall’effetto di <<lente gravitazionale>>. Da questi primi dati - conclude il professor Guzzo - vediamo anche come agli scopi specificamente cosmologici Euclid aggiunga un’enorme quantità di informazione sulle proprietà fisiche e morfologiche delle galassie, che solo una missione spaziale è in grado di fornirci.   Avere a disposizione nei prossimi cinque anni i dati di entrambi questi esperimenti rappresenta un’opportunità senza precedenti per verificare con precisione e robustezza i sorprendenti risultati di DESI, e capire se siamo di fronte a un cambio di paradigma in cosmologia.  Non c'è dubbio che, grazie al ruolo che ricopre in entrambi i progetti, il gruppo del dipartimento di Fisica dell’Università Statale di Milano sia in una posizione ottimale per essere protagonista di questa entusiasmante avventura”. 

Cos’è Euclid 

Euclid è una missione di classe media del programma Cosmic Vision dell'ESA e da questa costruita e gestita, con il contributo della NASA. Il Consorzio di Euclid, che riunisce oltre 2.000 scienziate e scienziati provenienti da 300 istituti di 15 Paesi europei, Stati Uniti, Canada e Giappone, è responsabile della fornitura degli strumenti scientifici e dell’analisi dei dati scientifici. L'ESA ha selezionato Thales Alenia Space come appaltatore principale per la costruzione del satellite e del suo modulo di servizio, e Airbus Defence and Space per sviluppare il modulo del carico utile, compreso il telescopio. La NASA ha fornito i rilevatori dello spettrometro e fotometro nel vicino infrarosso, NISP.   In Italia, il progetto è sostenuto finanziariamente dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), con il contributo, soprattutto in termini di personale partecipante, di INAF, INFN e diverse Università.

Il team della Statale nella missione Euclid è composto da L. Guzzo, D. Maino, M. Archidiacono, M. Barberi Squarotti, E. Castorina, M. Kaercher, I. Saez-Casares, D. Bianchi, C. Grillo, P. Bergamini, S. Schuldt, M. Lombardi, D. Abriola.

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