Pubblicato il: 07/06/2022

Gli studi sui ghiacciai condotti dai ricercatori dell’Università Statale di Milano diventano installazioni e progetti che, con il linguaggio della creatività, parlano al pubblico ricordando una delle più importanti emergenze del nostro tempo, il riscaldamento climatico e gli effetti devastanti sui ghiacciai, ecosistema particolarmente delicato, su cui gli studiosi della Statale sono  impegnati da anni con studi e ricerche sul campo. Sono infatti due I progetti che, nelle prossime settimane, contemporaneamente, racconteranno questi temi sotto forma di mostre allestite a Bolzano e Trento. 

 

Un'immagine dal progetto “L’Eco dei Ghiacciai”

Un'immagine dal progetto “L’Eco dei Ghiacciai”

L’Eco dei Ghiacciai


Dall’8 giugno al 12 giugno, presso  Centro Trevi – TreviLab, a Bolzano, nell’ambito delle iniziative del Trento Film Festival e di MontagnaLibri, è allestita la mostra “L’Eco dei Ghiacciai”, frutto della collaborazione tra l’illustratrice Sara Quatela e il fotografo Matteo Pavana. Le opere esposte trovano linfa proprio in uno studio del dipartimento di Bioscienze della Statale, con Gianalberto Losapio, ricercatore oggi in Statale in qualità di primo autore, intitolato "Le conseguenze del ritiro dei ghiacciai non sono uguali per tutte le specie vegetali". Lo studio evidenziava che fino al 22% delle più di cento specie vegetali studiate in quattro ecosistemi glaciali delle Alpi italiane (Vedretta d’Amola - Parco Naturale Adamello-Brenta, Trobio - Alpi Orobie, Vedretta di Cedec - Parco Nazionale dello Stelvio, Rutor - Alpi Graie) scompariranno presto a causa dell’estinzione dei ghiacciai.  Gli autori della mostra hanno così cercato di cogliere l’eco dei ghiacciai, inteso come "urlo di aiuto". Attraverso le illustrazioni di Sara Quatela  che germogliano sulle fotografie di Matteo Pavana, la mostra racconta la storia di dieci specie vegetali che potrebbero estinguersi in seguito alla estinzione dei ghiacciai.

Un'immagine dal progetto “ALPINA”

Un'immagine dal progetto “ALPINA”

ALPINA

Si intitola ALPINA il progetto artistico di Fabio Marullo e Barbara De Ponti in mostra dal 10 giugno al 31 luglio per "We are the flood – Mostra Liquida #2" del MUSE, il museo delle Scienze di Trento, allestita nello Spazio Archeologico Sotterraneo del Sas di piazza Battisti. Il progetto ha il suo “cuore” nel Ghiacciaio dei Forni, a 2500 mt di altitudine, in Valfurva (So), da anni oggetto di studio e indagine dei glaciologi dell’Università Statale di Milano, con rilievi e prelievi di specie microscopiche coinvolte nelle trasformazioni metaboliche che stanno alla base della catena alimentare che il ghiacciaio ospita in questa fase di mutazione. De Ponti e Marullo hanno partecipato a una spedizione scientifica sul Ghiacciaio, guidata da Roberto Ambrosini, docente di Ecologia del dipartimento di Scienze e Politiche ambientali della Statale. L’attenzione per il Ghiacciaio dei Forni nasce anche dalla collaborazione degli autori con l’Archivio Storico Scientifico di Ardito Desio che conserva testi e immagini fotografiche del sito a partire dagli anni ’20 del Novecento.   Attraverso i documenti dell’archivio Desio, ora conservato al Museo di Scienze Naturali di Udine, e i risultati delle ricerche scientifiche, De Ponti e Marullo hanno realizzato una “Sound Map”: un tappeto sonoro, ottenuto delle registrazioni effettuate durante la salita e la permanenza sul ghiacciaio, su cui sono registrati i testi che Ardito Desio scrisse nel 1926 dopo il suo primo sopralluogo ai Forni. Sono coinvolti per la lettura dei testi di Desio i glaciologi, geologi e biologi che  gestiscono oggi i campi scientifici, i quali aggiungono anche le proprie considerazioni sulle condizioni del Ghiacciaio che, dall’epoca di Ardito Desio,  si è ritirato per diverse decine di metri scoprendo parti ora interessate da un diverso ecosistema. Le tracce del passato più o meno remoto che erano imprigionate dal ghiaccio sono attualmente in circolo nelle acque che raggiungono le città dopo aver attraversato almeno otto turbine che usano la linea d’acqua per creare energia. “Alpina, potendosi avvalere dei risultati di cento anni di studi, vede il ghiacciaio come uno scrigno antico che ha salvaguardato organismi e
materiale inorganico conservandoli come in un archivio in cui si sono stratificate informazioni per secoli. La conversione dallo stato solido in stato liquido delle molecole dell’acqua le riporta nuovamente in superficie, mescolando una parte del passato col presente, divenendo quindi tale”, concludono gli autori presentando il progetto.

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