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Una coppia di rondini - Foto tratta da Pixabay
Utilizzando dati raccolti nel corso di un secolo sulla migrazione della rondine a scala europea, uno studio di Università Statale e Politecnico di Milano – pubblicato su Scientific Reports – spiega uno dei più affascinanti misteri della migrazione: come fanno le rondini a sapere quando è il momento giusto per partire, quando la primavera tarda o anticipa, modulando i tempi della loro partenza così da trovare condizioni di arrivo adeguate?
Da che gli esseri umani ne hanno notizia, le migrazioni degli animali, in particolare quelle che si compiono su lunghe distanze, sono oggetto di stupore e curiosità, e non c'è aspetto delle migrazioni che non abbia attratto l'attenzione degli studiosi di comportamento e fisiologia animale: le distanze sulle quali le migrazioni si sviluppano e le straordinarie prestazioni che impongono ai migratori; la capacità di orientarsi, necessaria per compiere movimenti su migliaia di chilometri per poi fare ritorno al luogo di partenza, dopo molti mesi. L'estrema accuratezza con cui i migratori sanno modulare i tempi dei loro spostamenti, così da raggiungere la loro meta quando le condizioni ecologiche a destinazione sono adeguate.
"Senza dubbio, quando le rondini arrivano in primavera, si comportano come orologi" (René Descartes, Lettera al Marchese di Newcastle, 1646). Nella sua visione meccanicistica, Cartesio aveva colto la natura automatica del comportamento degli animali, ma gli sfuggiva forse quanto sofisticati possano essere i meccanismi che operano in quegli automi. E in effetti il modo in cui i migratori regolano i tempi dei loro spostamenti, che sono fatti di grandi regolarità ma anche di deviazioni opportunistiche e adattative, è forse l'aspetto più sorprendente e meno compreso delle migrazioni.
Gli uccelli migratori che trascorrono i mesi invernali in Africa equatoriale, ad esempio, non solo fanno ritorno ai propri luoghi di riproduzione in Europa in primavera con regolarità e precisione, ma sono anche in grado di modulare i tempi del loro arrivo a seconda della progressione degli eventi della primavera: in anni in cui la primavera tarda ad arrivare, il loro arrivo è posticipato, mentre è precoce negli anni in cui la primavera avanza a passi più rapidi. Poiché il viaggio migratorio può richiedere molte settimane e generalmente avviene senza lunghe interruzioni, la variabilità che osserviamo fra anni diversi nelle date di arrivo ci interroga su come gli uccelli possano modificare i tempi della loro partenza dall'Africa per giungere in Europa nel momento giusto. Finora si è ritenuto che, durante il periodo di svernamento in Africa, gli uccelli non abbiano elementi per 'sapere' come gli eventi della primavera stiano procedendo in Europa, e che quindi non dispongano di meccanismi utili a consentire loro di modulare in modo opportuno la data di partenza per la migrazione 'di risalita'.
Uno studio, ora pubblicato sulla rivista Scientific Reports e frutto di una collaborazione fra il dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano e il dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell'Università Statale di Milano, pone per la prima volta in discussione questo che è da sempre considerato come un assioma degli studi sulla migrazione, spiegando questa sorta di misterioso "fiuto" per il momento giusto per partire.
Utilizzando dati raccolti nel corso di un secolo sulla migrazione della rondine a scala europea, lo studio dimostra che i singoli individui trascorrono l'inverno a sud del Sahara in luoghi in cui le temperature durante le settimane che precedono l'inizio della migrazione di risalita sono correlate con le temperature che le rondini incontreranno al loro arrivo, settimane più tardi, nelle singole regioni d'Europa cui sono indirizzate. E questo schema vale tanto per le rondini che svernano in Africa meridionale – e che migreranno verso l'Europa settentrionale – quanto per le rondini che svernano in Africa equatoriale, che raggiungeranno invece le aree del sud dell'Europa.
È possibile quindi che le rondini, e altri uccelli migratori, durante la loro residenza invernale in Africa dispongano di informazioni utili a prevedere le condizioni meteorologiche, in termini di temperatura, che incontrerebbero settimane più tardi nelle loro destinazioni europee se partissero dall'Africa in ogni dato momento. Questo spiegherebbe l'osservazione per cui in anni in cui la primavera è in ritardo, i migratori arrivano più tardi, evitando i rigori di condizioni avverse all'arrivo, mentre anticipano l'arrivo in anni in cui la primavera è precoce, così da coglierne al più presto i frutti.
Ovviamente non è necessario invocare consapevolezza in queste scelte: è la selezione naturale a premiare gli individui in grado di agire, nello scandire i tempi della propria migrazione, in modo adattativo, anche se queste scelte avvengono senza una consapevole congettura. Quel che è certo è che i cambiamenti climatici, i cui effetti sono diversi sulle temperature nelle diverse regioni del pianeta, rischiano di minare in maniera profonda la sorprendente sincronia spazio-temporale che emerge dall'analisi dei dati di migrazione della rondine. Forse Cartesio aveva ragione: piccoli automi, ma molto più sofisticati di quanto egli stesso avrebbe potuto immaginare.
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