Pubblicato il: 11/09/2025
Giorgio Armani nell'immagine pubblicata dai profili social della maison per annunciare la morte dello stilista

Giorgio Armani nell'immagine pubblicata dai profili social della maison per annunciare la morte dello stilista

 Emanuela Scarpellini è docente di Storia contemporanea presso il dipartimento di Studi storici dell’Università degli Studi di Milano e tiene l’insegnamento di Culture del made in italy in moda e design. All’attività di docente in Statale, affianca quella di studiosa con particolare attenzione alla nascita della società dei consumi, alla storia sociale del cibo e alla storia e nuovi sviluppi della moda e del design. 

A lei abbiamo chiesto di approfondire, con un’intervista, l’importanza e l’influenza di Giorgio Armani, scomparso lo scorso 4 settembre 2025, nell’evoluzione della moda e della comunicazione. 

 A seguire, il contributo di due studentesse, Paola Molinaro e Chiara Mazzola, iscritte al corso di laurea magistrale in “Editoria, culture della comunicazione e della moda”, su quello che per loro ha rappresentato Giorgio Armani. 

 

 

La professoressa Emanuela Scarpellini con un gruppo di studenti e studentesse

La professoressa Emanuela Scarpellini con un gruppo di studenti e studentesse

Professoressa Scarpellini, Giorgio Armani viene ricordato da tutti come icona di stile ed eleganza. Quali sono stati secondo lei i tratti più innovativi che ha introdotto nella moda?

Di Armani, tutti ricordano la giacca morbida e destrutturata per gli uomini e i completi da manager per le donne, in quanto questi capi iconici hanno segnato un’epoca e sono stati imitati da molti. Ma c’era molto di più. Non si trattava solo di alcuni capi nuovi ma di un intero stile differente, che rispecchiava valori e simboli di una generazione giovane, quella degli anni Settanta, che non si riconosceva in quella precedente. Il vestito classico da lavoro, rigido e sempre uguale, era lo specchio del conservatorismo maschile nella società, da sfidare con completi morbidi e dalle linee innovative. I vestiti a fiori o i tailleur femminili si adattavano alle casalinghe o a lavori di routine, non certo alle nuove professioniste di alto livello, che ricercavano un vestiario adatto (quello che sarà definito power dressing). Armani interpretò questo cambiamento sociale e culturale della società dagli anni Settanta e Ottanta in chiave estetica.

La figura stessa di Armani e la sua sobrietà nel vestire, hanno contribuito a costruire il “mito” di Armani che è diventato il simbolo stesso, insieme a Valentino e pochi altri in Italia, della moda. In aggiunta, Armani ha sempre realizzato campagne pubblicitarie molto riuscite. Quale è stato l’elemento di forza del suo messaggio comunicativo?

Lo stilista fu molto cosciente dell’importanza della comunicazione e della pubblicità per l’affermazione del suo brand, di cui egli stesso, con la sua persona e il suo stile, fu il primo testimonial. Puntò molto sul cinema – ricordiamo tutti Richard Gere mentre sceglie il suo abbigliamento elegante e sofisticato firmato Armani in American Gigolò– e anche su grandi eventi e sponsorizzazioni a enti culturali. La mostra che il Guggenheim Museum di New York gli dedicò nel 2000 fu un evento storico, perché era la prima volta che uno stilista vivente era celebrato in un grande museo: sollevò molte controversie ma segnò la consacrazione di una figura iconica e del suo ruolo storico.

Armani, pur esponente di un mondo spesso considerato elitario e per ricchi, è oggi celebrato da tutti, anche dalle persone comuni. Qual è secondo lei la ragione di questa capacità di essere così inclusivo?

 Credo che Giorgio Armani sia sempre stato popolare perché è uno dei migliori rappresentati della tendenza verso la democratizzazione del lusso. Nella prima metà del Novecento si poteva distinguere immediatamente la classe sociale di una persona dal vestito, a colpo d’occhio, perché le differenze erano enormi. Con la moda pronta industriale, di cui Armani fu tra i pionieri, si affermò una produzione a metà tra la creatività d’alta moda e la produzione industriale, a prezzi molto più bassi. E si creò un contorno di piccoli e grandi accessori anche più convenienti. Per molte persone si aprì, almeno in parte, un mercato prima ristrettissimo ed esclusivo, si concretizzò un sogno. Era iniziata l’era del Made-in Italy, che avrebbe rilanciato il Pil e insieme l’identità culturale del Paese.

A differenza di altri stilisti, Giorgio Armani è spesso intervenuto pubblicamente su vari temi. Che cosa lo appassionava?

Giorgio Armani non si occupò solo di moda e del suo mondo: parlò spesso dalle pagine dei giornali, invitando alla riflessione su questioni di attualità. Ad esempio, scrisse contro le dinamiche imperanti del fast fashion e della moda eccessiva e gridata, ricordando i valori del saper fare artigianale e di una moda duratura. Intervenne varie volte a favore di Milano, cui era molto legato, ad esempio in occasione di Expo 2015, immaginando una città cosmopolita particolarmente legata a moda e cultura; si espresse su temi etici e animalisti, contro l’uso delle pellicce e a favore della sostenibilità, ma anche contro la forte sessualizzazione del corpo femminile da parte della moda stessa. Infine, ha parlato in occasione del Covid per richiamare a comportamenti responsabili, facendo importanti donazioni alla sanità milanese. Lavorare per una moda duratura e di qualità, coniugata a valori etici e sostenibili: questa la preziosa lezione che ci lascia.

I grandi stilisti fondatori delle più celebri maison stanno scomparendo, verso quale direzione sta andando l’alta moda a suo parere? Come i nuovi creativi stanno interpretando il proprio ruolo in un’epoca di grandi trasformazioni e tensioni sociali e internazionali?

Stiamo assistendo da qualche tempo a un ricambio generazionale, per il ritiro o la scomparsa dei grandi fondatori. Succede in Italia quello che è accaduto mezzo secolo fa alla moda in Francia, che aveva visto grandi nomi come Coco Chanel attivi nella prima metà del Novecento: si arrivò a una istituzionalizzazione delle grandi aziende di moda. I nomi restarono quelli dei fondatori e le imprese continuarono a sviluppare nuove linee creative ma nel segno della continuità. Armani fu un grande imprenditore, oltre che un geniale creativo: sviluppò il sistema della produzione su licenza, in accordo con un colosso tessile dell’epoca come il Gruppo Finanziario Tessile di Torino, e poi con molte imprese dei distretti industriali; lanciò le seconde e terze linee di brand; allargò la produzione a profumi e accessori. Era pienamente consapevole delle dinamiche imprenditoriali e ha preparato tutto perché le sue aziende continuino a produrre al meglio. In un’epoca difficile come la nostra, anche per il mondo della moda, la sua lezione mostra che i risultati importanti si ottengono con il lavoro e gli investimenti capaci di guardare lontano, non concentrandosi sul profitto immediato.

 

Le studentesse della Statale ricordano Armani

"La recente scomparsa dello stilista Giorgio Armani ha lasciato un vuoto nel mondo della moda, non solo per l’estetica inconfondibile e senza tempo, ma soprattutto per i valori su cui ha fondato il successo. La sua dedizione e passione per il lavoro, che ho visto di persona, sono per me fonte d’ispirazione, il suo stile rappresenta un modello di raffinatezza, integrità, indipendenza e coerenza. In un mondo in cui si grida per farsi notare, il mio ricordo di Giorgio Armani rimane un sussurro di eleganza". Paola Molinaro.

"Per chi, come me, si sta formando in questo ambito, Armani è un modello di rigore e visione: ricorda che non è sufficiente creare nuove forme, ma serve interrogarsi sul loro valore, sulla loro capacità di incidere nella collettività. In un’industria che spesso privilegia la standardizzazione in funzione al profitto, come futuri professionisti, è necessario saper riconoscere e contestualizzare la moda all’interno di un quadro storico, sociale e politico". Chiara Mazzola.

L’Università degli Studi di Milano offre un percorso di specializzazione agli studenti interessati al mondo della moda. La laurea magistrale in “Editoria, culture della comunicazione e della moda” prevede un curriculum dedicato interamente a questo settore, con insegnamenti specifici, laboratori e stage per acquisire una preparazione culturale idonea all’entrata nel mondo fashion sia di imprese sia di istituzioni culturali.

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