Pubblicato il: 19/10/2021
Il team di ricerca della Statale con il professor Massimini e la macchina messa a punto per misurare l' Indice di Complessità Perturbazionale

Il team di ricerca della Statale con il professor Massimini e la macchina messa a punto per misurare l' Indice di Complessità Perturbazionale

Si chiama Indice di Complessità Perturbazionale (PCI) e permette di misurare la complessità delle risposte elettroencefalografiche (EEG) alla stimolazione magnetica transcranica (TMS). Un importante strumento che ha mostrato una notevole sensibilità nel rilevare minimi segni di coscienza, anche in assenza di evidenze comportamentali.

Frutto del lavoro dei team dell’Università Statale di Milano, guidato da Marcello Massimini, docente del dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche L. Sacco, il progetto è stato premiato in occasione per la seconda edizione dello Human Brain Project  (HBP) Innovation Award. HBP è un importante progetto europeo che dal 2013 "raduna" oltre 500 specialisti delle neuroscienze di 140 università ed enti di ricerca impegnati nel campo della ricerca sul cervello umano.  “Il premio è stato conferito in ragione dei risultati scientifici ottenuti, dello sviluppo di prototipi per l’utilizzo clinico e della loro disseminazione presso ospedali europei e americani in vista un clinical trial. In effetti - commenta il professor Massimini -, questo è un riconoscimento che viene concesso in casi in cui la ricerca traslazionale dimostra diretta applicazione clinica e concrete prospettive di sviluppo commerciale. Qualcosa che non avevamo pianificato dall’inizio, ma che sta accadendo in modo molto rapido".

I disturbi della coscienza dopo gravi lesioni cerebrali colpiscono più di 1 milione di persone in tutto il mondo ogni anno e rappresentano un importante sfida diagnostica per medici e ricercatori. Di prassi il livello di coscienza in pazienti con lesioni cerebrali, infatti, viene valutato in base alla loro capacità di connettersi con l'ambiente circostante e produrre risposte motorie appropriate. Un paziente che reagisce a input diversi, quali stimoli sensoriali e comandi verbali, con uscite motorie complesse, specifiche e riproducibili è considerato cosciente, mentre un paziente che non risponde o mostra solo comportamenti automatici è dichiarato inconsciente. Una distinzione che presenta molti limiti: la coscienza infatti  può essere interamente generata all'interno del cervello, anche in assenza di qualsiasi interazione input-output con il mondo esterno, come accade, per esempio, mentre sogniamo o durante alcune forme di anestesia.
In secondo luogo, le lesioni cerebrali possono provocare un grave blocco delle funzioni sensoriali e motorie che portano a condizioni in cui un cervello potrebbe essere cosciente ma disconnesso e non accessibile dal mondo esterno. In pratica, l'incapacità di rilevare la coscienza attraverso il tipico paradigma input-output si traduce in un alto tasso di diagnosi errate (stimato tra il 20% e il 40%), rappresenta un onere per i caregiver e le famiglie, nonché una sfida etica e un grosso ostacolo per strategie riabilitative.

L'Indice di Complessità perturbazionale rappresenta una strategia per superare questo problema. Con lo strumento messo a punto dai ricercatori, guidati dal docente della Statale, Marcello Massimini, attraverso una serie di tecniche avanzate e algoritmi, invece di giudicare la coscienza dalla complessità del comportamento, viene misurata direttamente la complessità dinamica interna del cervello fino a una breve perturbazione. Una misurazione possibile direttamente al letto dei pazienti e in grado di rilevare l’attvità della coscienza con una sensibilità senza precedenti.

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