Pubblicato il: 08/02/2021
Immagine tratta da Pixabay

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Siamo ormai a un anno dall’individuazione dei primi casi di COVID-19 in Italia. Durante l’estate gli italiani sembravano vedere la luce in fondo al tunnel e questo dicevano i dati raccolti con il monitoraggio svolto da SPS TREND Lab dell’Università Statale di Milano tra aprile e luglio 2020, durante la prima ondata di Coronavirus. Invece, l’arrivo anche in Italia della seconda ondata della pandemia di Coronavirus ha spento le speranze di un rapido ritorno alla normalità pre-Covid 19.

Come stanno dunque reagendo gli italiani alla “nuova normalità” che la convivenza protratta col virus ha determinato? In questo contesto, gli italiani guardano ai vaccini con speranza o scetticismo? E cosa pensano invece dell’impatto che la pandemia sta avendo sul mondo della scuola? A queste e altre domande fornisce una risposta il rapporto del progetto di ricerca ResPOnsE Covid-19.

L’indagine, coordinata dai docenti Cristiano Vezzoni Antonio Chiesi, è a cura di SPS TREND Lab, presso il dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università Statale di Milano. Il progetto di ricerca ResPOnsE Covid-19 proseguirà anche nel 2021, grazie a un finanziamento della Fondazione Cariplo.

La rilevazione su cui si basano le analisi presentate nel rapporto include 3000  interviste svolte nel periodo dal 21 al 31 dicembre, in collaborazione con SWG.
 

I punti salienti dell'indagine

•     Nella nuova normalità della pandemia, alcuni comportamenti, come ad esempio l’uso delle mascherine, sono ormai acquisiti, ma l’accettazione delle misure che limitano le libertà personali si è ridotta rispetto al primo lockdown.

•      Nonostante questo, circa la metà degli italiani chiede un inasprimento delle misure di contenimento del virus, mentre solo un quinto chiede di alleggerirle.

•     - Rimane alto il pessimismo sullo sviluppo della situazione economica. Le famiglie percepiscono la situazione come stagnante e sono ormai rassegnate a non vedere un rimbalzo economico positivo nell’immediato futuro.

•     Rimane alta e diffusa in tutte le categorie la percezione del rischio di perdita del posto di lavoro. Questa percezione cresce a dicembre anche tra i dipendenti pubblici, anche se rimane più accentuata tra i dipendenti del settore privato e lavoratori autonomi.

 

Approfondimento vaccini

•    Tra gli italiani intervistati, 6 su 10 (60%) dichiarano di essere disponibili a vaccinarsi.

•    Tra i più propensi a vaccinarsi, troviamo gli anziani (75%) e i giovani (67%). Le loro motivazioni a vaccinarsi sono probabilmente differenti: gli anziani sono consapevoli di essere i più esposti agli esiti gravi della malattia; i giovani vogliono tornare alla vita normale e la vaccinazione può essere la soluzione.

•    Gli scettici sono circa il 30%. ll 12% degli intervistati è certo di non volersi vaccinare, il 18% lo ritiene poco probabile.

  Tuttavia, solo un 6% del campione può essere fatto rientrare nella categoria No Vax, cioè quelli che non vogliono vaccinarsi perché contrari ai vaccini per principio.

•    Molto più frequenti, 16%, le persone che non sono propense a vaccinarsi perché timorose degli effetti collaterali del vaccino.

•    Questo dato sottolinea la necessità e l’urgenza di una capillare campagna informativa sulla vaccinazione.

    - Gli intervistati favorevoli all’introduzione dell’obbligatorietà per il vaccino anti COVID-19 sono il 43% e sopravanzano i contrari (30%).
 

Approfondimento scuola e didattica a distanza

• Il giudizio degli italiani intervistati circa il modo in cui il Governo Conte ha gestito la questione scuola è decisamente negativo (media 4,4 su una scala 0-10).

•    La grande maggioranza degli italiani è d’accordo con la chiusura delle Università (circa 7 su 10) e delle scuole superiori (circa 6 su 10), ma la quota di favorevoli si riduce di molto per le scuole medie (circa 5 su 10), elementari e dell’infanzia (circa 4 su 10).

    Sul versante della didattica a distanza (DaD) le opinioni degli italiani intervistati sono piuttosto negative.

   La maggioranza degli intervistati (73%) ritiene che la scuola italiana non sia attrezzata per gestire la DaD.

•     Diverse anche le preoccupazioni circa le conseguenze sociali negative della DaD.

    La maggioranza degli intervistati (circa 6 su 10) pensa che la DaD produca un aumento delle disuguaglianze sociali e dei disagi psicologici degli alunni.

•    Quasi tre quarti degli intervistati (73%) teme che le ripercussioni della DaD si faranno sentire in modo significativo sui genitori che lavorano.

 

Il rapporto completo è disponibile online sul sito SPS TREND.

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