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Immagine tratta da Pixaby
Durante il lockdown della scorsa primavera le attività domestiche e di cura dei figli sono state svolte soprattutto in base al genere dei due partner, più che in base al tempo disponibile o alla situazione reddituale. Lo evidenzia l’indagine "Attività domestiche e di cura ai tempi del Covid-19: il peso del genere" condotta dalle ricercatrici del dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università Statale di Milano, del Centro di ricerca Genders, Cinzia Meraviglia e Aurore Dudka. I risultati dello studio, pubblicati su International Journal of Sociology con il titolo “The gendered division of unpaid labour during the Covid-19 crisis: did anything change? Evidence from Italy”, derivano da un questionario somministrato online tra aprile e giugno 2020, attraverso i social media (Whatsapps, Facebook, Twitter), e proposto ai dipendenti dell’Università degli Studi di Milano. Sono stati 934 i casi analizzati, di cui 613 lavoratrici e lavoratori presso l'Università. Le ricercatrici hanno, in particolare, selezionato le coppie nelle quali entrambi i partner avevano un lavoro retribuito all’inizio del lockdown.
L’indagine, di natura descrittiva, ha fatto emergere che, anche in una situazione di emergenza, con tempi e spazi del lavoro retribuito ridefiniti, con l’obbligo di rimanere a domicilio, le cosiddette attività domestiche continuano ad essere considerate per definizione come femminili, in base a un processo di socializzazione e di auto-stereotipizzazione che disegna aspettative di ruolo difficili da disattendere. Anche se svolta in modo più paritario rispetto al lavoro domestico, la cura dei figli - emerge dalla ricerca - sembra ancora determinata soprattutto dal genere, anche per attività che non richiedono necessariamente la presenza materna.
L’indagine, quindi, ha sì rilevato che durante il periodo di lockdown sia le donne sia gli uomini del campione individuato dalla ricerca hanno visto aumentare il carico di lavoro domestico e di cura dei figli, ma non in maniera uguale. Infatti, la quota di donne per le quali il carico di lavoro domestico è di gran lunga aumentato è assai maggiore dell’analoga quota di uomini (32% contro 19%, rispettivamente), mentre sono più numerosi gli uomini, rispetto alle donne, per i quali tale carico è solo leggermente aumentato (45% contro 32%). In compenso, una seppur esigua quota di donne afferma che il proprio carico di lavoro domestico è leggermente diminuito (8%, pari a 45 casi). Per quanto riguarda i figli, sono sempre le donne ad essere in maggioranza tra quanti hanno risposto che il carico di lavoro è grandemente aumentato durante il confinamento; dal canto loro, gli uomini dichiarano di aver visto aumentare il proprio coinvolgimento sia nelle attività ludiche (certamente aumentate, data la presenza continuativa a casa dei figli), sia (in misura minore) nelle attività routinarie di cura (igiene mattutina, vestire i figli, etc.).
Lo studio (per quanto condotto su un campione non probabilistico) conferma la conclusione di altre ricerche, che hanno mostrato che la divisione delle attività domestiche va chiaramente a sfavore delle donne in quanto donne. La divisione del lavoro domestico e di cura tra uomini e donne - sottolineano le ricercatrici - è poco dipendente dai cambiamenti nel reddito dei due partner causati dalla crisi Covid-19: sia che uno dei due o entrambi abbiano mantenuto o perso (in parte o totalmente) il proprio reddito, gli uomini intervistati non hanno mai avuto lo stesso coinvolgimento nelle attività domestiche e di cura rispetto alle loro partner.
Nei Materiali sono disponibili una presentazione della ricerca e la sintesi.
Contatti
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GENDERS Centre - Gender & Equality in Research and Science, University of Milan
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