Pubblicato il: 19/04/2022
Immagine tratta da Pixabay

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L’insorgenza di deterioramento cognitivo è una delle espressioni cliniche della malattia dei piccoli vasi cerebrali. Nonostante la disponibilità di vari test cognitivi che sono stati proposti ed utilizzati in questo ambito, non vi è accordo su quali strumenti neuropsicologici siano maggiormente appropriati a delineare il pattern di alterazioni caratteristico della microangiopatia cerebrale.

Uno studio pubblicato sulla rivista Alzheimer and Dementia e diretto da Leonardo Pantoni, docente del dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche “L. Sacco” dell’Università Statale di Milano e direttore della U.O.C. Neurologia dell’Ospedale Luigi Sacco, in collaborazione con la dottoressa Emilia Salvadori dell’Università degli Studi di Firenze, ha tentato, attraverso una meta-analisi, di stabilire se esistessero test neuropsicologici in grado di differenziare i pazienti con malattia dei piccoli vasi cerebrali da pazienti con altre forme di deterioramento cognitivo (ad esempio la malattia di Alzheimer) o da soggetti sani.

La meta-analisi ha preso complessivamente in considerazione 86 studi basati sugli 8 test cognitivi maggiormente utilizzati in questa popolazione di pazienti. I risultati hanno mostrato che tutti gli strumenti cognitivi considerati distinguono i pazienti con microangiopatia dai soggetti sani, mentre non vi sono evidenze conclusive sui test di riferimento in termini di diagnosi differenziale con altre forme di deterioramento cognitivo, quali quelle legate a processi neurodegenerativi (es. malattia di Alzheimer).

"Nelle analisi di confronto con i soggetti sani – spiega il professor Pantoni - gli strumenti cognitivi basati su tempo di esecuzione e velocità di elaborazione delle informazioni hanno fornito i risultati più promettenti, confermando l’importanza delle abilità attentive ed esecutive nel valutare il profilo clinico dei pazienti con microangiopatia cerebrale".

"Nonostante la scarsità di dati a disposizione per individuare un marcatore cognitivo per la diagnosi differenziale con un declino cognitivo di altra eziologia’, sottolinea Emilia Salvadori, ‘abbiamo ottenuto evidenze promettenti sull’utilità clinica del test di fluenza verbale su stimolo fonemico che riteniamo potrebbe essere ulteriormente studiata mediante un’indagine approfondita della prestazione anche in termini di strategie ed errori".

Il link allo studio pubblicato su Alzheimer and Dementia.

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