Pubblicato il: 27/10/2020
Nei grappoli di vite colpiti da peronospora gli acini tendono a disseccarsi ed avvizzirsi; a destra grappoli di vite sani. Foto Silvia Vezzulli e Silvia Laura Toffolatti

Nei grappoli di vite colpiti da peronospora gli acini tendono a disseccarsi ed avvizzirsi; a destra grappoli di vite sani. Foto Silvia Vezzulli e Silvia Laura Toffolatti

La vite (Vitis vinifera L.) è una coltura dal grande valore economico in tutto il mondo. Basti pensare che nel 2018 sono stati prodotti in Europa, primo produttore mondiale, oltre 29 milioni di tonnellate di uva. L’Italia, con 8 milioni di tonnellate, si è assicurata un posto da primatista tra i paesi UE ed è il secondo produttore al mondo (dati ricavati da FAO STAT relativi all’anno 2018).

Una produzione di questa portata è resa possibile dall’uso di prodotti fitosanitari per contrastare diverse malattie, tra le quali spicca per importanza e diffusione la peronospora della vite, causata dall’oomicete (un organismo simile ad un fungo) Plasmopara viticola. In assenza di trattamenti e in condizioni ambientali favorevoli, la peronospora può colpire fino al 75% delle colture di vite in una singola stagione, causando ingenti riduzioni della produzione.
 

A sinistra sporangi di Plasmopara viticola fuoriescono dagli stomi sulla pagina inferiore di una foglia di vite; a destra pagina inferiore di una foglia di vite sana. Foto di Silvia Laura Toffolatti e Silvia Vezzulli

A sinistra sporangi di Plasmopara viticola fuoriescono dagli stomi sulla pagina inferiore di una foglia di vite; a destra pagina inferiore di una foglia di vite sana. Foto di Silvia Laura Toffolatti e Silvia Vezzulli

Cinque anni fa, i gruppi di ricerca del professor Paolo Pesaresi, del dipartimento di Bioscienze dell’Università degli Studi di Milano, e della dottoressa Silvia Vezzulli, della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (TN), hanno iniziato a studiare una nuova strategia che potesse consentire di sviluppare alternative a basso impatto ambientale ai fungicidi convenzionali

Al progetto ha partecipato anche la dottoressa Chiara Mizzotti, del dipartimento di Bioscienze (Piattaforma Modelli Vegetali) e i gruppi della professoressa Simona Masiero del dipartimento di Bioscienze, della professoressa Sara Pellegrino del dipartimento di Scienze Farmaceutiche e della dottoressa Silvia Toffolatti del dipartimento di Scienze agrarie e ambientali - Produzione, territorio, agroenergia

Il progetto GrAptaResistance, finanziato dalla Fondazione Cariplo, ha permesso di sviluppare una nuova strategia nel settore degli agrofarmaci, che consente di isolare piccole proteine, costituite da 8 aminoacidi, assolutamente naturali, in grado di inibire enzimi chiave dei patogeni e quindi di contrastarne le infezioni.

Nello studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports – spiega Paolo Pesaresi – abbiamo individuato la proteina NoPv1 (No Plasmopara viticola 1) capace di bloccare sul nascere l’infezione di foglie di vite da parte del patogeno. NoPv1 inoltre, non danneggia in alcun modo la crescita di altri microorganismi presenti nel suolo e benefici per la vite, oltre a non essere nociva nei confronti di cellule umane”. Seppur i risultati ottenuti siano preliminari, questa strategia rappresenta un importante passo in avanti nella ricerca di alternative a basso impatto ambientale agli agrofarmaci. 
“La tecnica - 
conclude Silvia Vezzulli - potrà essere utilizzata per identificare proteine naturali in grado di contrastare le infezioni causate da diversi patogeni vegetali ”.

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