Pubblicato il: 29/05/2024
Matteo Turri, responsabile scientifico dell'Osservatorio MHEO, e il rettore Elio Franzini alla presentazione del rapporto

Matteo Turri, responsabile scientifico dell'Osservatorio MHEO, e il rettore Elio Franzini alla presentazione del rapporto

Gli iscritti alle università telematiche hanno sorpassato quelli delle università non statali e rappresentano l’11 del totale degli studenti universitari in Italia, quasi il 100% delle immatricolazioni e avvii di carriera in corsi a distanza è presso Atenei telematici (oltre il 50% degli studenti over 35), e l’età media degli studenti è in sensibile calo, passando dai 37 anni del 2010 a una media di 30 – tra triennali, magistrali e ciclo unico – nel 2022. Ma esiste un divario significativo tra telematiche e statali/non statali per qualità della formazione e produzione scientifica. 

La realtà delle università telematiche, in crescita dal 2018, è uno dei punti focali analizzati dal Secondo Rapporto del Milan Higher Education Observatory (MHEO), promosso dall’Università degli Studi di Milano in collaborazione con Cineca (consorzio interuniversitario specializzato in servizi informatici, raccolta e gestione dati) e Deloitte, con lo scopo di fornire alcune chiavi di lettura sul fenomeno dell’istruzione terziaria a Milano, in Lombardia e in Italia. La presentazione, avvenuta questa mattina presso la Sala Napoleonica dell’Ateneo milanese, si è aperta con i saluti istituzionali del rettore Elio Franzini. Alla tavola rotonda hanno partecipato, tra gli altri, la prorettrice alla Programmazione e all’Organizzazione dei Servizi per la didattica, gli studenti e il personale e rettrice eletta dell’Università Statale di Milano Marina Brambilla, la direttrice generale Università Ricerca, Innovazione di Regione Lombardia Elisabetta Confalonieri e la direttrice generale delle Istituzioni della formazione superiore del Ministero dell’Università e della Ricerca, Marcella Gargano.

Una delle novità emerse dal rapporto è la crescita negli ultimi anni delle università telematiche. A dimostrarlo i dati: in Italia, nell’anno accademico 2021/22 gli iscritti alle telematiche erano l’11% sul totale nazionale superando così in numero di iscritti le università non statali. Le immatricolazioni a corsi di laurea triennali e ciclo unico sono state 25.133 (il 7,58% del totale nazionale) e gli avvii di carriera magistrale 17.406 (l’11,64% del totale nazionale).

Le università telematiche risultano prime anche per numero di corsi erogati a distanza. Nell’anno 2023/2024 sono stati 83 per le lauree triennali, 60 per quelle magistrali e 7 per quelle a ciclo unico, per un totale di 150 corsi, principalmente in Area Sociale, che comprende economia, psicologia, giurisprudenza, scienze politiche e della comunicazione. Le Università non telematiche, invece, hanno offerto complessivamente 31 corsi di laurea con didattica telematica, quasi tutti erogati da Atenei statali (26): probabilmente è anche per questo
che solo il 5,11% di chi si iscrive a un corso triennale o ciclo unico erogato in modalità telematica lo fa in un Ateneo statale o non statale. Tale percentuale scende sotto l’1% per le magistrali.


Non considerare la didattica a distanza, per le università statali e non statali è un’occasione sprecata”, ha commentato Matteo Turri, docente di Economia Aziendale della Statale di Milano e responsabile scientifico di MHEO. “Significa infatti per gli atenei statali e non statali una minor capacità di attrazione degli studenti in un contesto demografico in cui il numero dei diciannovenni è destinato a diminuire e una mancanza di attenzione agli studenti con background scolastico più debole, provenienti da territori svantaggiati e impossibilitati a dedicarsi a tempo pieno allo studio”.

Il rapporto ha stilato anche un identikit degli studenti che frequentano i corsi di studi telematici, che possono essere raggruppati in tre segmenti: adulti (in prevalenza donne) che cercano una laurea per motivi professionali, studenti provenienti da università statali e non statali che non sono riusciti a concludere in precedenza il proprio percorso di studio e diciannovenni con un background scolastico più fragile.

Gli studenti di corsi telematici hanno un’età sensibilmente maggiore rispetto a quelli delle università statali e non statali, anche se negli ultimi anni si è abbassata (nel 2010 era oltre i 37 anni, mentre nel 2022, rispettivamente per le lauree triennali/ciclo unico e magistrali, è stata di 26,35 e 32,27 anni). La maggioranza ha conseguito il diploma in un istituto tecnico-professionale e con un voto di maturità più basso rispetto alle università statali e non statali. Si è evidenziata anche la provenienza geografica: dal 2014, la quota di studenti meridionali è oltre il 50% del totale, mentre di studenti provenienti dal Nord, anche se è in lieve crescita, non arriva oltre al 30%.

Tra le attrattive principali delle università telematiche c’è sicuramente la possibilità di conciliare lavoro e studio ed evitare di spostarsi da casa. Anche se i dati mostrano che esiste un divario significativo in termini di assicurazione della qualità e nella produzione scientifica tra gli Atenei statali/non statali e gli Atenei telematici”, conclude Turri. La valutazione periodica in vista dell’accreditamento quinquennale lo dimostra: la media ottenuta dalle telematiche è di 5,10, contro il 6,40 delle statali e non statali. Inoltre, gli ultimi dati definitivi disponibili, riferiti alla Valutazione della Qualità della Ricerca VQR 2015-2019, mostrano che le Università telematiche si posizionano decisamente sotto la media dei punteggi degli Atenei italiani.