Pubblicato il: 19/02/2024
Il proteo osservato durante un'uscita diurna in superficie - Foto di Matteo Di Nicola

Il proteo osservato durante un'uscita diurna in superficie - Foto di Matteo Di Nicola

È uno degli animali più curiosi del pianeta. La sua pelle è priva di pigmentazione, gli occhi sono quasi assenti, ha un corpo anguilliforme, può vivere fino a 100 anni e digiunare per otto. Ma il suo habitat non è unicamente sotto terra.

Diffuso nelle grotte della Slovenia (comprese quelle famosissime di Postumia), ma anche nelle acque sotterranee italiane, in particolare nelle province di Trieste e Gorizia sino al fiume Isonzo, il proteo (Proteus anguinus) è da sempre considerato un anfibio esclusivamente sotterraneo. Ora però, una ricerca, iniziata a giugno 2020, coordinata dal dipartimento di Scienze e Politiche ambientali dell’Università Statale di Milano, in collaborazione con la Società Adriatica di Speleologia e lo Speleovivarium di Trieste e pubblicata sulla rivista Ecology, ha scoperto che l’anfibio può raggiungere la superficie, anche durante il giorno.

 I ricercatori hanno effettuato sopralluoghi diurni e notturni monitorando 10 grotte e 69 sorgenti nell’area carsica tra i comuni di Doberdò del Lago e Monfalcone (Gorizia). E nelle sorgenti, confine tra ambiente sotterraneo e terrestre, hanno osservato diversi esemplari uscire dalle grotte per nutrirsi di lombrichi rimasti sommersi durante la risalita periodica della falda. In totale il proteo è stato avvistato in 15 delle 69 sorgenti indagate.

 Durante questa ricerca è stata fatta anche un’altra scoperta straordinaria: gli studiosi hanno individuato una larva di circa tre mesi. Si tratta non solo del proteo più piccolo mai visto in natura ma anche dell'unica larva rinvenuta al di fuori di una grotta. Inoltre è la prima osservazione in assoluto di una larva per l’Italia.

 “La ricerca non si ferma qui. Grazie ad un recente finanziamento PRIN del Mur a partire da quest’anno i rilievi saranno estesi a tutta la comunità acquatica dalle zone sotterranee più profonde a quelle di interfaccia con l’esterno e vedranno coinvolte anche zone in cui il proteo non vive come il Salento e la provincia di Como, proprio per capire il ruolo funzionale che questo anfibio è in grado di effettuare e avere un raffronto dove esso non c’è”, spiega Raoul Manenti docente di Zoologia del dipartimento di Scienze e Politiche ambientali dell’Università Statale di Milano, primo firmatario dello studio. “Dal confronto tra le catene alimentari e le dinamiche delle comunità in cui il proteo è presente e quelle in cui non c’è, ci aspettiamo di capire quanto sia importante il suo ruolo di regolatore dei flussi di energia e delle pressioni ambientali”, conclude Manenti.

Il link allo studio pubblicato su Ecology

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