Pubblicato il: 16/11/2021
La piana proglaciale del Ghiacciaio dei Forni - Foto Mauro Gobbi

La piana proglaciale del Ghiacciaio dei Forni - Foto Mauro Gobbi

L’arretramento dei ghiacciai sta mettendo a rischio di estinzione la flora e la fauna che solitamente vivono vicino al fronte dei ghiacciai stessi: questo è uno tra i risultati dello studio effettuato da un gruppo di ricercatori dell’Université Grenoble Alpes, del MUSE - Museo delle Scienze (Mauro Gobbi), CNR Pallanza e Université Savoie Mont Blanc, coordinati da Francesco Ficetola, docente di Zoologia del dipartimento di Scienze e Politiche ambientali dell’Università Statale di Milano, che ha analizzato il meccanismo con cui si modifica la biodiversità accanto ai ghiacciai nel momento del loro ritiro. I risultati sono stati pubblicati su Annual Review of Ecology, Evolution, and Systematics.

A seguito dei cambiamenti climatici i ghiacciai si stanno ritirando, in tutti i continenti, con velocità crescente e possono quindi essere considerati una delle più iconiche manifestazioni del riscaldamento globale in atto. Da un punto di vista biologico i territori da cui i ghiacciai stanno scomparendo sono un perfetto laboratorio all’aria aperta utile a descrivere da chi, come, e con che tempi vengono colonizzati substrati vergini, e permettono di comprendere come si stabilisce la vita laddove prima non c’era.

Batteri, funghi microscopici, insetti e ragni sono tra i primi colonizzatori, seguiti poi da muschi e piante. Sono organismi che per vivere necessitano di ambienti freddi e umidi, quindi, annualmente si trovano a dover inseguire i ghiacciai in ritiro. Questi organismi stanno però rispondendo diversamente agli effetti del ritiro glaciale e questo dipende dalla loro capacità di dispersione, e dalla posizione geografica dei ghiacciai.

Alcuni ghiacciai, anche nelle aree temperate, fino al secolo scorso scendevano a quote relativamente basse. In queste aree la colonizzazione da parte di piante e animali è particolarmente rapida, e in meno di un secolo si può formare una foresta dove prima non c’era che detrito roccioso: questo significa che, dove inizialmente era possibile trovare solamente piante erbacee inframezzate a detrito roccioso, col ritiro dei ghiacciai a queste piante erbacee si sono aggiunti anche arbusti e conifere, modificando visibilmente la tipologia di vegetazione inizialmente presente.

 

Un esemplare di coleottero Oreonebria castanea - Foto Mauro Gobbi

Un esemplare di coleottero Oreonebria castanea - Foto Mauro Gobbi

Molto più lenta è la risposta della fauna nelle aree vicino ai poli o nei ghiacciai alle altissime quote. Nella piana proglaciale del Ghiacciaio dei Forni, ad esempio, al posto degli alberi cent’anni fa c’era ghiaccio e con esso le specie criofile, ovvero amanti del freddo, associate, tra cui il coleottero Oreonebria castanea: questa specie ora sopravvive solo alle quote più alte dove è ancora rimasto ghiaccio, ma man mano che il ghiaccio si ritira viene meno il suo habitat.

I ghiacciai continuano a ritirarsi e molti di loro probabilmente scompariranno nei prossimi decenni. Gli autori si sono quindi chiesti quali ripercussioni potrà avere sulla perdita di biodiversità e sul funzionamento degli ecosistemi. È da qui che è nato il progetto ICE-Communities, finanziato dalla Comunità Europea, che sta studiando direttamente la colonizzazione dei terreni liberati dai ghiacciai in ritiro, analizzando ben 48 ghiacciai in tutti i continenti.

Il progetto è stato possibile grazie al coinvolgimento di Parchi, Regioni, Province Autonome, Enti di Ricerca, SAT/CAI, APT locali, Collegio delle Guide Alpine e Comitato Glaciologico Italiano.

Il link allo studio pubblicato su Annual Review of Ecology, Evolution, and Systematics.

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