Pubblicato il: 29/03/2022
Immagine tratta da Pixabay

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A due anni dall'inizio della pandemia da COVID-19, rimane ancora aperto il dibattito sui tempi di diffusione del SARS-CoV-2, o di un suo diretto progenitore, nonostante un numero crescente di studi fornisca prove che il virus potrebbe essersi diffuso in tutto il mondo settimane o addirittura mesi prima dell’identificazione a Wuhan in Cina tra novembre e dicembre 2019.

Sul tema interviene ora l'articolo pubblicato su BMJ Global Health - di un team di ricerca internazionale, guidato dall’Università Statale di Milano, che ha analizzato criticamente tutte le evidenze scientifiche della precoce circolazione di SARS-CoV-2 ad oggi pubblicate in letteratura e spesso accolte con scetticismo.

Le riviste ad alto impatto afferma Antonella Amendola, docente di Igiene generale e applicata in Statale e autrice dell’opinion paper insieme, per l’Italia, a Marta Canuti, Silvia Bianchi, Maria Gori, Clara Fappani, Daniela Colzani, Elisa Borghi, Gian Vincenzo Zuccotti, Mario C. Raviglione ed Elisabetta Tanzi - sembrano soddisfatte dell'idea che tutto sia iniziato con il primo caso a Wuhan nel dicembre 2019, ma noi non lo siamo. La nostra analisi sottolinea come gli indizi di “early circulation” di SARS-CoV-2 non debbano essere scartati a priori, ma anzi attentamente valutati. La comunità scientifica non deve fermarsi solo all’ipotesi canonicamente accettata”.

La ricerca sulle origini di SARS-CoV-2 è un'impresa impegnativa e difficile – conclude la professoressa Amendola - e solo la conduzione su larga scala di indagini retrospettive ci può aiutare a ricostruire il puzzle. Ciò risulta importante soprattutto in aree geografiche, come la Lombardia, così duramente e precocemente colpite dalla pandemia. Conoscerne la genesi aiuta a comprendere successi e fallimenti, anche per attrezzarsi al meglio verso future minacce pandemiche”.


 

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