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Immagine tratta da Unsplah, foto di Julia Koblitz
Una vulnerabilità delle persone con malattie cardiache era stata dimostrata fin dall’esordio del COVID-19 all’inizio del 2020, ma non era mai stata studiata in modo sistematico. Lo ha fatto per la prima volta una ricerca coordinata dall’Università Statale di Milano e dall’IRCCS MultiMedica, in collaborazione con Policlinico di Milano, Università di Perugia, Università di Siena, che ha preso in esame i dati messi a disposizione dall’Osservatorio Epidemiologico di Regione Lombardia.
L’indagine, pubblicata su International Journal of Cardiology,ha analizzato la frequenza e la gravità dell’infezione da COVID-19 tra il 21 febbraio e l'1 ottobre 2020 – prima che fossero disponibili i vaccini - coinvolgendo 100mila persone con scompenso cardiaco e 400mila senza, di età compresa tra 40 e 109 anni e valutando le infezioni da COVID-19, i ricoveri ospedalieri e la mortalità fino a giugno 2021.
I risultati evidenziano che infezioni, ricoveri e mortalità aumentano con l’età in entrambi i gruppi. Tuttavia, l’incidenza di COVID-19 risulta tre volte superiore nelle persone con scompenso cardiaco rispetto a quelle senza, il ricovero ospedaliero quattro volte superiore e la mortalità per tutte le cause dieci volte superiore.Il tasso di mortalità è particolarmente elevato nei pazienti più giovani con scompenso cardiaco (25 volte rispetto ai coetanei senza la patologia), mentre nei più anziani il rischio rimane comunque doppio.
Infine si osserva che il rischio di infezione e mortalità è maggiore nei soggetti di sesso maschile, in quelli con precedenti ricoveri per scompenso cardiaco e in presenza di co-morbilità come spiega Giuseppe Ambrosio, docente di Cardiologia all’Università di Perugia “Nelle persone con scompenso cardiaco l’età, il sesso maschile, il numero dei ricoveri per scompenso cardiaco nei 5 anni precedenti l’esordio di COVID-19, e le co-morbilità presenti rappresentano un fattore di rischio sia per l’infezione che per la mortalità da COVID-19”.
Aggiunge Antonio E. Pontiroli docente di Medicina Interna all’Università Statale di Milano: “Lo studio indica che le persone con scompenso cardiaco sono a grave rischio di complicanze da COVID-19 e quindi necessitano di strette misure preventive per evitare il contagio e di sostegno una volta accertata una diagnosi di COVID-19. Vanno sicuramente considerate la vaccinazione anti COVID-19 ogni anno, il non recarsi in ospedale PS per problemi non-urgenti, vaccinarsi anche contro influenza;misure di validità da adottare anche in previsione di altre pandemie. Anche il trattamento dei pazienti con scompenso cardiaco deve essere molto tempestivo, per evitare l’aggravamento dell’infezione e quindi una prognosi sfavorevole”.
Elena Tagliabue, ricercatrice ed epidemiologa dell’IRCCS MultiMedica ricorda che “lo studio è stato reso possibile da Regione Lombardia (Dipartimento della Salute, Osservatorio Epidemiologico) che ha messo a disposizione di IRCCS MultiMedica i suoi database allestiti negli anni e arricchiti dei dati COVID-19”.
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Antonio Ettore Pontiroli
SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN MEDICINA DELLO SPORT E DELL'ESERCIZIO FISICO
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