Un favo di api
È stato pubblicato sulla rivista Scientific Reports uno studio dell’Università Statale che propone un approccio innovativo, veloce e non invasivo per il monitoraggio degli effetti dell’acaro Varroa destructor sulla covata delle api.
La presenza di questa tipologia di acaro all’interno del favo di covata di Apis mellifera è uno dei fattori che influenza il corretto sviluppo dell’ape durante lo stadio pupale, che precede lo stadio di adulto. L'alterazione della morfologia delle pupe delle api, in particolare dimensioni e lunghezza, può essere considerata utile per valutare gli effetti negativi dell'infestazione di acari della colonia. I metodi attuali per la misurazione del carico di Varroa nella covata, come ad esempio l'apertura di un campione casuale delle celle opercolate misurando la percentuale di infestazione, risultano, però, parzialmente o totalmente distruttivi della covata e richiedono inoltre un significativo impegno temporale.
Lo studio - condotto dalla ricercatrice Elena Facchini durante il suo percorso di dottorato presso il dipartimento di Medicina veterinaria dell'Università Statale - si è posto l'obiettivo di sviluppare un metodo innovativo, veloce e non invasivo per la valutazione del grado di infestazione da Varroa della covata, da impiegare in studi di tipo sperimentale. Il gruppo di ricerca, composto anche da Laura Nalon, Maria Elena Andreis, Mauro Di Giancamillo, Rita Rizzi e Michele Mortarino, ha valutato la lunghezza delle pupe all'interno di un favo intatto in relazione allo stato dell'infestazione, attraverso un innovativo connubio fra l'indagine parassitologica e la tecnologia TC (tomografia computerizzata) ad uso clinico, realizzato presso il Centro Clinico Veterinario e Zootecnico - Sperimentale di Lodi.
L'utilizzo della tomografia computerizzata per il monitoraggio degli effetti dell’acaro Varroa destructor sulla covata delle api
I risultati dello studio hanno mostrato che la lunghezza delle pupe è influenzata dallo stadio di sviluppo, dalla posizione all'interno del favo di covata e dal carico parassitario, confermando che l’utilizzo della TC può diventare un metodo veloce e non invasivo per valutare la morfologia e lo stadio di sviluppo della covata in Apis mellifera, perlomeno in ambito di ricerca.
L'utilizzo della TC anche ai fini di raccolta di dati fenotipici di resistenza alla infestazione da Varroa ha inoltre consentito a Elena Facchini di vincere, nel 2019, il premio "Donato Matassino", istituito dall'Associazione per la Scienza e le Produzioni Animali (ASPA) per la miglior tesi di dottorato. Il gruppo di ricerca del dipartimento di Medicina veterinaria sta sviluppando ulteriormente questo approccio non solo riguardo alla valutazione degli effetti dell’infestazione da Varroa, ma anche per lo studio di altre avversità della covata, contribuendo inoltre alla conservazione del materiale biologico apistico durante gli studi in vivo, che altrimenti con le tecniche ad oggi utilizzate risulta problematico preservare.
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