Pubblicato il: 13/06/2024
L'abbraccio tra Antonio La Torre e Marcel Jacobs - Credit Foto Grana-Fama/FIDAL

L'abbraccio tra Antonio La Torre e Marcel Jacobs - Credit Foto Grana-Fama/FIDAL

Li chiama la “new wave” dell’atletica italiana, ragazzi e ragazze che dopo l’”effetto Tokyo” hanno scritto una nuova pagina della storia dell’atletica italiana con le vittorie record agli Europei Roma, appena conclusi trionfalmente. Alla guida della squadra più vincente della storia dell’atletica italiana c’è Antonio La Torre, da ottobre 2018 direttore tecnico della Fidal, docente dell’Università Statale di Milano dove riveste anche il ruolo di delegato del rettore per lo Sport in Ateneo. 

Dopo la tensione, i sorrisi e gli abbracci di questi giorni, gli abbiamo chiesto di raccontarci, se possibile ‘a mente fredda’, il “segreto” di un successo – iniziato alle Olimpiadi di Tokyo - che ha emozionato tutta Italia e raccolto l’applauso del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. 


Ci sono alcuni aspetti su cui abbiamo lavorato e continuiamo a lavorare. La prima ‘svolta’ è stata mentale: rifiutare la cultura dell’alibi, prendersi sempre le proprie responsabilità quando le cose non vanno bene. Anche il cervello è un muscolo e va allenato per imparare ad affrontare i momenti difficili e per imparare ad andare vicini ai propri limiti. Il secondo aspetto su cui abbiamo insistito è l’importanza del gruppo: pur essendo l’atletica uno sport individuale, i nostri atleti hanno capito che vivere queste avventure come squadra dà forza a tutti, andare a supportare i compagni e avere un capitano come ‘Gimbo’ Tamberi che trasmette un’energia eccezionale è una risorsa preziosa”.

Allenare la mente si è rivelata l’arma in più; sul piano atletico, invece, come avete lavorato e quale contributo ha portato come studioso e docente universitario?

Rivendico di aver portato un approccio basato sull’evidenza scientifica, soprattutto nell’allenamento e nel lavoro con gli allenatori. Penso al lavoro di un nostro laureato, Jacopo Vitale, che, per le Olimpiadi di Tokyo, ha letteralmente ‘cambiato il sonno’ di Tamberi.  Bisogna lavorare a fondo sui dettagli perché in questo sport fanno la differenza. Dentro questo gruppo di lavoro di valutazione tecnico-scientifica sono particolarmente orgoglioso che ci siano anche nostri laureati, da docente della Statale mi fa particolarmente piacere.

Tokyo prima, Roma oggi. Siamo di fronte a una generazione eccezionale di atleti italiani?

Tokyo ha generato un effetto di emulazione e ispirazione, ma nel frattempo è cresciuta una nuova generazione, la “new wave” dell’atletica italiana che è già oltre i campioni olimpici di Tokyo. Lorenzo Simonelli è l’esempio più bello, insieme  a Mattia Furlani, di questi talenti emergenti. Spero che questa generazione di Roma 2024 possa ispirare tanti giovani ad avventurarsi nell’atletica, uno sport relativamente semplice, ma che richiede applicazione, costanza, capacità di affrontare momenti difficili.   Un altro gap che voglio recuperare è quello delle differenze di prestazioni tra uomini e donne. Ci sono molte atlete come Nadia Battocletti, straordinaria, e Sara Fantini, la prima donna che in un secolo di storia dell’atletica italiana vince una medaglia d’oro nel settore dei lanci, cosa difficilissima.  Sarà un grande cambiamento culturale. 

Infine, un plauso e un pensiero, il professor La Torre lo rivolge al capitano Gianmarco ‘Gimbo’ Tamberi e alla sua strepitosa vittoria nel salto in alto. “Tamberi è riuscito a fare qualcosa di raro e nonostante qualcuno storca la bocca per alcuni suoi atteggiamenti, come ha riconosciuto anche il presidente  della Federazione mondiale di atletica, il nostro sport ha bisogno di personaggi come lui.

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