Pubblicato il: 29/01/2020

Nel corso dell'anno accademico 2018-2019, il dipartimento di Scienze giuridiche "Cesare Beccaria" dell'Università Statale di Milano ha attivato la prima edizione del corso di "Clinica legale di giustizia penale"  a cui hanno partecipato 33 studenti e che ora, alla luce del successo riscontrato, viene riproposto anche nel secondo semestre dell'anno accademico 2019-20. L'Ateneo ha voluto così offrire agli studenti un'occasione per mettere alla prova, con un'esperienza pratica, le conoscenze acquisite secondo il cosiddetto modello learning by doing.
Abbiamo chiesto alla professoressa
Angela Della Bella, docente di Diritto penale in Statale, obiettivi, risultati e caratteristiche del corso in partenza.

Una lezione del corso di "Clinica legale di giustizia penale"

Una lezione del corso di "Clinica legale di giustizia penale"

Che attività sono state proposte nel corso di “Clinica legale di giustizia penale” in Statale?

Abbiamo proposto due diverse tipologie di attività: alcuni gruppi di studenti sono stati impegnati nell’assistenza giudiziale a favore di soggetti coinvolti in procedimenti penali e altri, invece, in attività di street law in materia di immigrazione
Per la prima tipologia di attività, abbiamo coinvolto un gruppo di avvocati che hanno condiviso con gli studenti un loro caso (sulla base di una Convenzione stipulata con l’Ordine degli Avvocati di Milano, volta a disciplinare sotto vari profili le modalità della partecipazione degli avvocati nell'attività delle cliniche). Nella scelta di quali temi trattare e quali casi assegnare agli studenti abbiamo tenuto in considerazione entrambi gli obiettivi della clinica: quello "didattico", finalizzato a sviluppare le abilità di problem solving dello studente, e quello "sociale", per promuovere la responsabilizzazione e l'impegno sociale. Ci siamo orientati, quindi, da un lato su casi che – per le tempistiche processuali e per le questioni giuridiche affrontate – consentissero agli studenti di apportare un contributo concreto (ad esempio, preparazione dell’esame o del controesame dei testi; redazione di una memoria; preparazione delle conclusioni dibattimentali; redazione di istanze per la richiesta di misure alternative); dall'altro abbiamo cercato di dare preferenza a casi che mettessero gli studenti a contatto con problematiche sociali rilevanti (dai maltrattamenti tra familiari alla sottrazione di minorenne in contesto di violenze domestiche, dall'occupazione di immobili in contesto di marginalità urbana all'istanza di misura alternativa per detenuto con gravi problemi familiari).

Com'è organizzato il corso?

Dopo un primo incontro introduttivo, sono stati costituiti dei team: ogni avvocato ha quindi lavorato sul caso con il proprio gruppo (costituito ciascuno da tre studenti e da un tutor), incontrandosi ora in studio, ora in università e, ovviamente, anche in tribunale. Gli studenti hanno così avuto occasione di vedere uno studio legale, di partecipare talvolta alle riunioni con il cliente (in studio e, in un caso, nella sala colloqui di un istituto penitenziario), di assistere alle udienze del procedimento preparate anche con il loro contributo. La metodologia clinica si è rivelata preziosa, consentendo allo studente di sperimentare, spesso per la prima volta, il lavoro di gruppo e di sviluppare quindi una capacità, quella appunto del lavoro in team, che si rivela molto spesso essenziale nel mondo del lavoro. 

 

Studenti di Giurisprudenza in Statale

Studenti di Giurisprudenza in Statale

L’attività di street law, invece, in cosa è consistita?

Per l'attività della street law abbiamo scelto una materia attuale come l'immigrazione, che rappresenta la vera emergenza sociale di questa epoca, ma che spesso non è percepita dal cittadino nella sua effettiva drammaticità. Da un punto di vista didattico, poi, il tema della tutela dei diritti del migrante consente di riflettere su questioni cruciali per un penalista. Si pensi, ad esempio, all'utilizzo del diritto penale come strumento di stigmatizzazione sociale, o le conseguenze, in termini di assenza di garanzie, derivanti dalla qualificazione come "amministrative" di misure (come i respingimenti o la detenzione nei centri di trattenimento) che sono in realtà sostanzialmente penalistiche e che dovrebbero, perciò, essere circondate dalle relative garanzie. Gli studenti coinvolti – tre gruppi da tre studenti ciascuno, coordinati anche in questo caso da un tutor e guidati da un avvocato esperto di diritto dell'immigrazione – hanno frequentato settimanalmente, per la durata del semestre, tre diverse realtà milanesi che si occupano, sotto diversi profili, di assistenza ai migranti: il Servizio di etnopsichiatria dell'Ospedale Niguarda di Milano, la Casa della Carità e il Cas di Casa Chiaravalle.
Gli studenti si sono inseriti all'interno dell’organizzazione in cui hanno operato, venendo a contatto con gli utenti e apportando un contributo effettivo alle attività del centro in misura diversa a seconda del contesto in cui hanno lavorato. Certamente, per tutti, l'attività è stata estremamente formativa sotto il profilo della presa di coscienza del problema e del ruolo che un giurista può svolgere nella tutela dei diritti di soggetti in situazione di grave vulnerabilità, ma anche per comprendere come nell'attività penalistica gli steccati tra materie siano spesso artificiosi e di fronte a casi pratici ci si trovi a "maneggiare" branche del diritto diverse e connesse tra loro.

Quale bilancio dopo la prima edizione del corso e in vista del prossimo?

Abbiamo senz'altro avuto conferma dell’enorme potenzialità didattica della "clinica legale", uno strumento che, stimolando l'interesse degli studenti, fornisce loro una solida motivazione allo studio e predispone in modo costruttivo all'apprendimento delle nozioni giuridiche, nonché di abilità tecniche e di valori deontologici. La clinica legale si è rivelata un prezioso strumento per avvicinare gli studenti a problematiche sociali e per fare acquisire loro consapevolezza circa il ruolo del giurista all'interno della società. 

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