Pubblicato il: 06/04/2021
I cani impiegati nei laboratori di Medicina Veterinaria

I cani impiegati nei laboratori di Medicina Veterinaria

Dal fiuto dei cani un aiuto per individuare le infezioni da COVID-19 nelle persone per fornire una metodologia di screening non invasiva, economica, veloce e sicura con importanti ricadute per individuare la presenza del virus, ad esempio anche in occasione di grandi eventi pubblici, sui mezzi di trasporto e per l’identificazione rapida di focolai in comunità. Sono gli obiettivi del progetto di ricerca approvato dal Comitato Etico dell’Università Statale di Milano il 18 marzo scorso.
Il progetto è stato presentato da Mariangela Albertini, docente del dipartimento di Medicina Veterinaria della Statale, che coordina un gruppo tutto al femminile di cui fanno parte la dott.ssa Federica Pirrone e la dott.ssa Patrizia Piotti, e sarà svolto in collaborazione con la Clinica Universitaria di Malattie Infettive del dipartimento di Scienze biomediche e cliniche ‘L. Sacco’ e la Onlus Medical Detection Dogs Italy (MDDI).

Molti studi scientifici ed esperienze internazionali hanno dimostrato che i cani, appositamente addestrati, sono in grado di rilevare la presenza di malattie metaboliche individuando gli odori veicolati dai VOCs (Composti Organici Volatili) associati alle patologie. Le abilità olfattive dei cani, d’altronde, sono già impiegate nella ricerca biomedica (tumori, malaria e altre malattie) e nell’assistenza ai malati, ad esempio, di diabete ed epilessia.

Una delle ricerche recenti, in questo senso, è quella  svolta in Italia dal dipartimento di Medicina Veterinaria della Statale, IEO (Istituto Europeo di Oncologia) e MDDI, pubblicata nel 2020, che ha evidenziato la capacità dei cani di rilevare nell’uomo il tumore al polmone.

Il progetto di ricerca appena approvato si svolgerà presso il laboratorio di FisioEtologia del dipartimento di Medicina Veterinaria  a Lodi, dove si addestreranno i cani a individuare, attraverso l’olfatto, la presenza di VOCs associati a Covid-19 su campioni biologici ottenuti da pazienti mediante consenso informato.

I cani che saranno impiegati sono tutti animali domestici, con loro proprietari, e non ci sono razze specifiche per questo tipo di addestramento. “Ci sono due Malinois, che sono proprio razze da lavoro, ma c’è anche Helix che è un incrocio arrivato dal canile – spiega la professoressa Albertini - . Il fiuto è sviluppato in tutte le razze, chi più chi meno, ma ciò che conta veramente è la voglia del cane di collaborare con il proprietario, per lui non deve essere un lavoro ma un gioco”.

L’auspicio – spiegano infine i ricercatori coinvolti nel progetto - è che questo protocollo potrà essere utilizzato nella formazione di squadre cinofile operative sul territorio nazionale, al fine di accelerare le procedure di screening, operando anche in occasione di grandi eventi pubblici e privati, sui trasporti (ferrovie, aeroporti, crociere, ecc.) e per l’identificazione rapida di focolai in comunità”.

La metodologia di addestramento dei cani potrà, inoltre, trovare sviluppo in futuro anche su altre infezioni virali e batteriche. A breve l’inizio della fase sperimentale del progetto di ricerca della Statale.

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