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Un giogo e una piroga scavata nel tronco di una grande quercia, risalente a circa 4000 anni fa, sono gli ultimi reperti rinvenuti durante la campagna di scavo dell'Università Statale sul sito preistorico di Lavagnone (Desenzano del Garda-Lonato, Brescia), una palafitta risalente all'età del Bronzo (2200-1200 a.C.), dal 2011 incluso nel patrimonio UNESCO.
Il gioco e la piroga preistorici scoperti dal gruppo di archeologi della Statale nel sito di Lavagnone
I reperti rinvenuti dal team guidato da Marta Rapi, ricercatrice di Preistoria e Protostoria al dipartimento di Beni culturali e ambientali, con la partecipazione degli studenti del corso di laurea in Archeologia e della scuola di specializzazione in Beni archeologici si sono rivelati particolarmente significativi: "Per quanto riguarda la piroga – spiega la dottoressa Rapi – sono stati trovati due segmenti di monossile: forse formavano lo stesso natante che è stato intenzionalmente tagliato a metà e deposto in verticale tra i pali di fondazione delle abitazioni palafitticole. All'interno di uno scafo abbiamo trovato un'altra sorpresa: un lungo bastone, l'ipotesi è che possa essere un remo. Il giogo invece era a poca distanza, deposto sul fondo dell'antico lago, intero e mai utilizzato: un'offerta alle acque?".
Il gruppo di archeologi dell'Università Statale sul sito di Lavagnone
Dopo la scoperta, i ricercatori dell'Università Statale sono ora al lavoro per garantirne la conservazione e per approfondire datazione e caratteristiche. I i reperti sono stati, infatti, trasportati presso il Laboratorio di restauro del legno bagnato della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Como, Lecco, Sondrio e Varese, con sede a Milano, dove sono stati immersi in una vasca riempita d'acqua e a breve inizierà il restauro. Nel frattempo, mentre gli specialisti del Laboratorio di Dendrocronologia della Fondazione Museo Civico di Rovereto, partner di progetto, cercano di restituire una datazione assoluta dei reperti e di scoprire se le due monossili siano state ricavate dal tronco dello stesso albero, gli archeologi dell'Ateneo milanese sono impegnati nella raccolta dei dati sul loro utilizzo e hanno già in programma una nuova campagna di scavi. "Bisogna scavare in ampiezza attorno al punto della scoperta – conclude Marta Rapi – e impegnarci in un'attenta analisi del contesto: le risposte che cerchiamo sono nella relazione tra i reperti e il contesto di rinvenimento". Il progetto è svolto con fondi dell'Università Statale per le ricerche archeologiche e di Regione Lombardia.
Nel corso degli anni, gli scavi di Lavagnone hanno portato alla luce importanti reperti di età preistorica: il più significativo, nel 1978, è un aratro in legno di quercia, tra i più antichi al mondo, risalente al 2000 a.C., esposto presso il Museo Civico Archeologico "G. Rambotti" di Desenzano del Garda.
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