Pubblicato il: 22/07/2019
Il logo di Telethon

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Sono cinque i progetti di ricerca che coinvolgono, a vario titolo, l’Università Statale di Milano e finanziati dalla Fondazione Telethon con il bando 2019 per la ricerca sulle malattie genetiche rare. Complessivamente, la commissione medico-scientifica di Fondazione Telethon, composta da 30 scienziati internazionali, ha selezionato 35 progetti di ricerca di 50 centri (su 326 progetti presentati) che riguardano 34 malattie genetiche per un finanziamento complessivo di 11 milioni di euro. Finanziati in Lombardia 17 progetti, a cui sono stati assegnati circa 4 milioni di euro per lo sviluppo di studi e ricerche.

I cinque progetti della Statale (due in veste di Principal Investigator, due come coordinatori e uno come partner) finanziati sono stati presentati da Angelo Poletti, docente di Biologia applicata al dipartimento di Scienze farmacologiche e biomolecolari, per studi sulla malattia di KennedyGiuseppe Danilo Norata, docente di Farmacologia sempre al dipartimento di Scienze farmacologiche e biomolecolari, per studi sull’ipercolesterolemia familiare, Francesco Bifari, ricercatore del dipartimento di Biotecnologia medica e Medicina traslazionale per studi sulla malattia di Krabbe, Carlo Camilloni, docente di Fisica applicata al dipartimento di Bioscienze, insieme a Silvia Priori dell’IRCCS Maugeri di Pavia per studi sulla sindrome del QT lungo e Giuseppe Testa, docente di Biologia molecolare al dipartimento di Oncologia ed Emato-oncologia e ricercatore dell’Istituto Europeo di Oncologia che, insieme a Davide Pozzi, del dipartimento di Scienze Biomediche dell’Humanitas, svilupperà un progetto di ricerca sulle sindromi di Williams-Beuren e da microduplicazione del 7q11.23.

 

Una ricercatrice al lavoro

Una ricercatrice al lavoro

I cinque progetti a cui partecipa l'Università Statale

 

  • "Alternative translation initiation as a novel strategy to block toxicity of the mutant Androgen Receptor in SBMA (Spinal Bulbar Muscular Atrophy)" sulla malattia di Kennedy


Guidato da Angelo Poletti e con l’Università Statale nel ruolo di coordinatore, il team di ricerca studierà possibili terapie per la Atrofia Muscolare Spinale Bulbare (SBMA), conosciuta anche come “malattia di Kennedy”, patologia ereditaria del motoneurone che colpisce solo gli individui maschi. “La SBMA - spiega il professor Poletti - è dovuta a una mutazione del recettore degli androgeni che diventa tossico a livello neuronale e muscolare a causa dell’inserimento di una sequenza di glutammina (tratto poliglutamminico espanso) nella prima porzione della proteina chiamata regione N-terminale, portando quindi all'insorgenza della malattia. Purtroppo, il recettore degli androgeni è fondamentale per mantenere le funzioni maschili e tutti gli approcci terapeutici tentati fino ad oggi prevedono la sua eliminazione totale o il blocco della sua funzione androgenica con effetti indesiderati nel maschio affetto dalla malattia”. I ricercatori, quindi, lavoreranno a livello del messaggero che serve a produrre il recettore degli androgeni e, utilizzando un secondo sito di inizio della traduzione, generare una forma più corta che non contiene il tratto poliglutamminico espanso neurotossico. L’Università Statale coordinerà il progetto e collaborerà principalmente con ricercatori dell'Università di Padova, ma sono previsti contributi anche dell’Università di Trento, dell’Albert Einstein College of Medicine di New York e dell'University of Pittsburgh School of Medicine.

  • "Exploiting regulatory T-cell metabolic reprogramming and vascular tropism for Familial Hypercholesterolaemia immunotherapy" sull’ipercolesterolemia familiare (FH, Familial Hypercholesterolemia)


Il progetto di ricerca, diretto da Giuseppe Danilo Norata nel ruolo di Principal Investigator (PI), si occuperà di ipercolesterolemia familiare, malattia genetica ereditaria che si può presentare in forma omozigote o eterozigote, in cui mutazioni a carico del DNA provocano un drammatico aumento dei livelli di colesterolo LDL nel sangue. “I pazienti con Ipercolesterolemia Familiare (FH) omozigote sviluppano aterosclerosi coronarica già durante l’infanzia - spiega il professor Norata – e, se non trattati, muoiono nelle prime decadi di vita per malattia cardiaca, mentre quelli con le forme eterozigote potrebbero andare incontro a eventi cardiovascolari severi come infarto del miocardio già attorno ai 35 anni di età”.
Mentre le attuali terapie per FH mirano a ridurre gli elevati livelli di LDL colesterolo circolante, il progetto guidato dall’Università Statale punta a controllare la risposta immunoinfiammatoria nella placca aterosclerotica spesso dovuta a ridotta funzionalità dei linfociti T ad azione regolatoria.  
"I nostri studi – conclude Giuseppe Danilo Norata – si propongono di riprogrammare il metabolismo di queste cellule per migliorare la loro azione immunosoppressiva e associarla alla possibilità di implementare la capacità di raggiungere la placca aterosclerotica in modo selettivo. Il mix di questi aspetti innovativi rappresenterà un passo fondamentale per lo studio dell’efficacia dell’immunoterapia nei pazienti con ipercolesterolemia familiare da affiancare alle attuali terapia ipocolesterolemizzanti".

  • "Meninges an overlooked pharmacological target for Globoid cell Leukodystrophy" sulla Malattia di Krebbe

A guidare il progetto sarà Francesco Bifari, sempre nel ruolo di Principal Investigator, che con il suo team si propone di valutare la Malattia di Krebbe da un nuovo punto di vista, studiando il ruolo delle cellule progenitrici neuronali provenienti dalle meningi. “Si tratta di una malattia genetica estremamente grave e invalidante che provoca la degenerazione delle cellule neurali del cervello ed è causata dall’assenza del gene GALC – spiega il professor Bifari. Purtroppo fino a ora i tentativi di ripristinare i livelli di espressione di questo gene per contrastare la malattia non sono risultati completamente efficaci”. Il team di ricerca valuterà l’efficacia della correzione genica stabile e duratura delle cellule che formano le meningi, le membrane che avvolgono il cervello. Queste cellule saranno così trasformate in bioreattori capaci di esprimere il gene GALC e di produrre la proteina mancante che verrà distribuita poi alle cellule neurali tramite il flusso di liquor che irrora e nutre il cervello. “Se questo nuovo approccio dovesse funzionare, permetterà l’arresto della neurodegenerazione progressiva della malattia e il ripristino della corretta funzione neuronale” - conclude Bifari. Il progetto vedrà anche la collaborazione di Angela Gritti, direttrice dell’Unità di Gene Therapy per la Leucodistrofia dell’Ospedale San Raffaele, e di Marco Riva, neurochirurgo del dipartimento di Biotecnologie Mediche e Medicina traslazionale.

  • "Structural and functional characterisation of HERG potassiums’ channels enhancer as a novel therapeutic strategy for Long QT syndrome" sulla Sindrome del QT Lungo

Il progetto si concentrerà sullo studio della sindrome del QT lungo e, in particolare, su alcune delle mutazioni che determinano la malattia, indagando il meccanismo elettrofisiologico che determina le aritmie con l’obiettivo di giungere a nuove terapie per lo specifico difetto del paziente. Il team di ricerca guidato da Carlo Camilloni del dipartimento di Bioscienze dell’Università Statale nel ruolo di partner del Laboratorio di Cardiologia molecolare guidato da Silvia Priori dell’Università di Pavia, si occuperà di studiare i meccanismi molecolari della malattia utilizzando simulazioni su “super-computer” che permettono di studiare la conformazione tridimensionale delle proteine e definire le differenze fra una proteina normale e una mutata che causa la Sindrome del QT lungo. Al progetto di ricerca collaborerà anche l’Università di Bari.

  • "Functional dissection of the molecular underpinnings of 7q11.23 syndromes: bridging pathogenic insight to drug discovery at single cell resolution" sulle sindromi di Williams-Beuren e da microduplicazione del 7q11.23

A coordinare il progetto sarà Giuseppe Testa, docente del dipartimento di Oncologia ed Emato-oncologia e ricercatore dell'Istituto Europeo di Oncologia. Le malattie genetiche del neurosviluppo causate da variazioni strutturali del genoma (malattie cioè in cui la dose di più geni è alterata, o per eccesso o per difetto) includono molte forme di disabilità intellettiva e autismo e costituiscono un problema medico molto significativo, anche a causa della estrema complessità di approcci basati sulla terapia genica e alla difficoltà di identificare nuovi farmaci. Le sindromi di Williams-Beuren e la sindrome da microduplicazione del 7q11.23, su cui si concentreranno gli studi del team guidato dal professor Testa, in collaborazione con Davide Pozzi, del dipartimento di Scienze Biomediche dell’Humanitas, costituiscono da questo punto di vista un paradigma particolarmente significativo per comprendere il meccanismo con cui le alterazioni nel dosaggio genico possono causare anomalie dello sviluppo cerebrale.
“Il nostro progetto - spiega il professor Testa - mira a identificare e validare, in organoidi cerebrali (cioè complesse strutture tridimensionali che ricapitolano - in vitro - gli aspetti salienti della formazione della nostra corteccia cerebrale), i circuiti di regolazione genica che sono alterati in queste due malattie e che possono essere modulati da farmaci già esistenti utilizzati in altre patologie, così da accelerare il potenziale applicativo di questi innovativi modelli di malattia”.