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Cranio di cane in sepoltura congiunta di un cane e di un perinato umano. © Foto di S.R. Thompson, per gentile concessione di SABAP-VR Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
Approfondire e tentare di comprendere le ragioni della presenza di animali allevati a scopo non alimentare, nello specifico cani e cavalli, nelle sepolture celtiche della tarda età del Ferro. Del tema si è occupato uno studio, innovativo per i metodi di indagine utilizzati, pubblicato sulla rivista PLOS ONE a cui ha preso parte anche l'Università Statale di Milano, con il coinvolgimento di Umberto Tecchiati, docente di Preistoria e Ecologia preistorica e Alfonsina Amato, archeozoologa. Lo studio si inserisce nel progetto CELTUDALPS, finanziato dalla Provincia autonoma di Bolzano, e dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica.
Titolo del lavoro è "Until death do us part". A multidisciplinary study on Human- Animal co-burials from the Late Iron Age necropolis of Seminario Vescovile in Verona, ovvero "Finché morte non ci separi". Lo studio è stato infatti condotto sul sito di Seminario Vescovile a Verona dove è stata rinvenuta una necropoli preromana, attribuibile ai celti Cenomani, databile alla tarda età del Ferro, ovvero tra III e I secolo a.C. Delle 161 sepolture individuate, 16 contenevano resti animali. In particolare, in 4 di esse - una donna tra 36 e 50 anni, un feto formato di 38 settimane, un uomo tra 20 e 35 anni, un uomo tra uomo 36 e50 anni - sono stati rinvenuti scheletri di cani (Canis familiaris), o cavalli (Equus caballus).
Ricercatori e ricercatrici hanno utilizzato, per l’indagine, un nuovo metodo che combina analisi archeologiche e archeozoologiche, antropologiche, paleogenetiche e isotopiche. Confrontando età della morte, sesso, status sociale, eventuali legami di parentela, tipo di dieta si è cercato di stabilire un pattern, uno schema che potesse spiegare la scelta culturale di deporre insieme ai defunti proprio questi animali.
Tra i punti fermi a cui è giunto lo studio c’è la vicinanza alle tradizioni culturali transalpine, in primis La Tène, forse mescolate con elementi locali Venetici e Romani. L’analisi del DNA antico - il primo di Seminario Vescovile - ha rivelato che non ci sono legami di parentela, almeno fino al terzo grado. Anche il tipo di dieta era diverso, come dimostrato dalle analisi degli isotopi stabili di Carbonio e Azoto sulle ossa animali. La sepoltura con cani o cavalli non si può ricondurre nemmeno a classe sociale, età o genere. Anche le strategie di gestione degli animali erano diverse. Il cane deposto con il neonato, per esempio, veniva nutrito con soli cereali, non si sa se per motivi rituali. La cosa certa è che presentava una frattura, poi sanata: forse perché si trattava di un animale d’affezione, oggetto di particolari cure?
Sepoltura di una donna adulta associata a resti di un cavallo intero prono, resti scheletrici di altri tre cavalli e un cranio di cane. © Foto di S.R.Thompson, per gentile concessione di SABAP-VR Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Verona, Rovigo e Vicenza
Nella sepoltura della donna matura si contano un cavallo intero, un cranio di cane, altre parti di cavalli e un feto a termine. Il ritrovamento, unico nel suo genere, fa pensare che cani e cavalli potessero essere legati alla sfera della fertilità, facendo ipotizzare per la donna un ruolo di guaritrice o ostetrica. Ma questa resta appunto un'ipotesi da verificare.
“L’uso di seppellire cani e cavalli con alcuni individui non è ancora del tutto chiaro, anzi, questo studio ha contribuito a moltiplicare le domande. Il nostro lavoro – commenta il professor Umberto Tecchiati – è stato in grado di fornire un nuovo approccio e un nuovo metodo di lavoro, in grado di integrare discipline differenti per colmare i vuoti della ricerca archeologica e fare luce sul reale rapporto tra i nostri antenati e due delle specie che ancora oggi amiamo di più”. In particolare, gli archeozoologi Tecchiati e Amato hanno condotto un'analisi sulla morfometria dei reperti faunistici, resa possibile grazie alla collezione di confronto presente in laboratorio. "Questo studio è complementare alle analisi del DNA e biochimiche - spiegano i due ricercatori -. Il nostro ruolo, inoltre, è stato quello di fornire confronti con altri siti simili contribuendo all'interpretazione storico culturale complessiva. Tutte le analisi sono finalizzate alla raccolta di dati biochimici interni ai reperti, ma valgono di base per la ricostruzione di processi storici e culturali". “Le ricerche paleogenomiche – concludono i ricercatori - sono state utilizzate per individuare una eventuale parentela tra gli individui sepolti con cani e cavalli; e le analisi sugli isotopi stabili umani e animali sono state utili per esplorare le differenze alimentari (e forse socioeconomiche) tra gli individui sepolti con questi animali e il resto della popolazione”.
La ricerca multidisciplinare ha coinvolto diverse realtà accademiche. Oltre al PrEcLab, Laboratorio di Preistoria, Protostoria ed Ecologia preistorica, che fa parte del dipartimento di Beni culturali e Ambientali della Statale diretto da Giorgio Zanchetti, e a cui afferiscono Umberto Tecchiati e Alfonsina Amato, figurano infatti anche: l'Istituto di medicina forense del dipartimento di Antropologia fisica di Berna; l'Istituto per lo studio delle mummie Eurac research di Bolzano; l'Ex-Soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto, settore territorio, Sede di Padova-nucleo di Verona; la Thompson Simon scavi e rilevamenti archeologici di Verona; la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza; il dipartimento di Biologia dell'Università degli Studi di Firenze; e infine il Dipartimento di Chimica, Biochimica e Scienze Farmaceutiche e Centro Oeschger per la ricerca sui cambiamenti climatici, Università di Berna.
Contatti
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Umberto Tecchiati
Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali
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