
Una sezione del barcone e le condizioni all'interno ricostruite al Musa, il Museo universitario delle scienze Antropologiche, mediche e forensi per i diritti umani
La notte del 18 aprile 2015 un peschereccio partito dalla Libia senza catene e senza ancora si inabissò a 400 metri di profondità, nel Canale di Sicilia, con il suo carico di mille giovani migranti. Dopo il disastro, il Governo italiano diede il via alla Missione Melilli con la quale il Labanof, il Laboratorio di Antropologia e odontologia forense dell'Università degli Studi di Milano, iniziò il lavoro di riconoscimento delle vittime nella base di Melilli.
A dieci anni dal più grande disastro migratorio del Mediterraneo, l'Università Statale di Milano organizza l’iniziativa “Un nome, non un numero”, tre giorni di eventi, dall’8 al 10 maggio, nell’Aula Magna di via Festa del Perdono 7, per onorare le vittime e riflettere sull’importanza di restituire un nome ai morti.
"Da anni la Statale lavora per restituire identità e dignità a chi le ha perdute, perché identificare è sia un atto scientifico, che anche profondamente umano. L'identità è quanto di più caro abbiamo e restituire un nome vuol dire restituire i diritti. E nessuno dovrebbe esserne privato” spiega Cristina Cattaneo, docente della Statale, medio legale e responsabile scientifico del Labanof. “Questo evento nasce per onorare le vittime, ma anche per raccontare che dietro ogni corpo recuperato dal mare esiste una persona, una storia e qualcuno che aspetta delle risposte”.
Anche al Musa, il Museo universitario delle scienze Antropologiche, mediche e forensi per i diritti umani, a Città Studi, che racconta le attività del Labanof e della Statale in questo campo, è presente una specifica sezione - con la ricostruzione di una sezione del barcone - dedicata alla strage del 18 aprile 2015.
L’evento “Un nome, non un numero” si apre l’8 maggio alle 14 con i saluti della rettrice Marina Brambilla, e della senatrice a vita e docente del dipartimento di Bioscienze della Statale, Elena Cattaneo, che inaugureranno la mostra allestita nello spazio antistante l’Aula Magna e nel vicino cortile del Settecento. Attraverso installazioni, un plastico della base di Melilli e del barcone, pannelli, video, l'esposizione di alcuni effetti personali delle vittime, mostra tematica del fotografo Max Hirzel, l'esposizione intende ricordare la strage del 18 aprile 2015 e il successivo lavoro di ricostruzione delle identità dei migranti. A seguire il racconto della Missione Melilli da parte di Angela Caponnetto, giornalista di RaiNews. A chiudere la prima giornata sarà il Concerto dell'Orchestra del Mare che utilizza strumenti realizzati nella liuteria del carcere di Opera, con il legno delle barche con cui i migranti hanno attraversato il Mediterraneo.
La giornata del 9 maggio si apre, invece, con la proiezione del docufilm “#387” di Madeleine Le Royer. A seguire gli incontri “A Milano non c’è il mare ma un barcone chiamato carcere” e “Confini e accoglienza nel contesto migratorio”, seguiti dal concerto “Tra Oriente e Occidente” di Laus Concentus. L’ultimo giorno si apre con “Teatro. Naufraghi senza volto”, seguito dal dibattito “Morire senza nome a margine della società” e dalla proiezione del docufilm “Sconosciuti puri” di Mattia Colombo e Valentina Cicogna.
L’ingresso all’evento è gratuito previa registrazione online.
Nei Materiali il programma dettagliato.
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