Pubblicato il: 22/05/2019
Ricercatore al pc e microscopio

Ricercatore al lavoro in laboratorio

Non ci si ammala di cancro per caso o per sfortuna: lo confermano i risultati dello studio di un gruppo di scienziati dell'Istituto Europeo di Oncologia (IEO), pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Genetics e finanziato dallo European Research Council (ERC). 

I ricercatori, guidati da Piergiuseppe Pelicci, docente di Patologia generale all'Università Statale di Milano e Direttore della Ricerca IEO, e Gaetano Ivan Dellino, ricercatore IEO e di Patologia Generale dell'Università di Milano, in collaborazione con il gruppo diretto da Mario Nicodemi, docente di Fisica teorica, modelli e metodi matematici all'Università di Napoli Federico II, hanno scoperto che una delle alterazioni geniche più frequenti e importanti per lo sviluppo del cancro, le "traslocazioni cromosomiche", non avvengono casualmente nel genoma, ma sono prevedibili e sono provocate dall'ambiente esterno alla cellula.

"Nel corso della vita, un uomo su 2 e una donna su 3 si ammalano di cancro  spiega Piergiuseppe Pelicci  Perché? Un tumore si sviluppa quando una singola cellula accumula 6 o 7 alterazioni del DNA a carico di particolari geni: i geni del cancro. La domanda diventa quindi cosa causa quelle alterazioni. La ricerca di una risposta ha creato due scuole di pensiero: una che identifica la causa principale nell'ambiente in cui viviamo, e nel nostro stile di vita, e l'altra che ne attribuisce l'origine alla casualità e dunque, in ultima analisi, alla sfortuna".

I tumori contengono due tipi di alterazioni a carico dei cosiddetti geni del cancro (oncogeni): le mutazioni, che causano piccoli cambiamenti della struttura di un gene, e le traslocazioni cromosomiche, che causano addirittura la fusione di due geni. La rivista Science ha recentemente pubblicato tre lavori (nel 2016, 2017 e 2018) firmati da Bert Vogelstein, uno degli scienziati contemporanei più autorevoli, che dimostrano in maniera inequivocabile che due terzi delle mutazioni trovate nei tumori si formano durante la normale vita dei nostri tessuti, quando le cellule duplicano il proprio DNA per moltiplicarsi. Siccome queste mutazioni sono considerate inevitabili, perché dovute a errori casuali, Vogelstein ha dovuto concludere che le stesse avverrebbero in ogni caso, anche se il nostro fosse un pianeta perfetto, e i nostri stili di vita irreprensibili. Quindi non possiamo fare nulla per evitare di ammalarci di cancro, e possiamo solo sperare che non tocchi a noi, contando sulla fortuna.

I tre lavori pubblicati da Science sono scientificamente solidi e hanno stimolato un grande dibattito sia nella comunità scientifica che nella società, finendo sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Se la maggioranza delle mutazioni che causano il cancro sono casuali, quanti e quali sono i tumori che possiamo evitare? Qualsiasi sia la risposta, la possibilità di determinare la nostra salute mediante le nostre scelte ne esce compromessa. In particolare, quanto è ancora importante la prevenzione dei tumori dopo la pubblicazione di questi lavori?

"Nel numero di oggi della rivista scientifica Nature Genetics – commenta Gaetano Ivan Dellino – pubblichiamo un lavoro che mette in discussione la casualità delle traslocazioni cromosomiche, uno dei due tipi di alterazioni geniche trovate nei tumori. Le traslocazioni sono la conseguenza di un particolare tipo di danno a carico del DNA, ossia la rottura della doppia elica. Come per le mutazioni, pensavamo che questo tipo di danno avvenisse casualmente nel genoma, ad esempio durante la divisione cellulare, come ipotizzato da Vogelstein. Al contrario, studiando le cellule normali e tumorali del seno, abbiamo scoperto che né il danno al DNA né le traslocazioni avvengono casualmente nel genoma. Il danno avviene all'interno di geni con particolari caratteristiche e in momenti precisi della loro attività. Si tratta di geni più lunghi della media e che, pur essendo spenti (non stanno cioè producendo le molecole che trasferiscono la loro informazione: l'RNA), sono perfettamente attrezzati per accendersi (hanno cioè tutte le molecole necessarie, ma sono in pausa). La rottura del DNA avviene nel momento in cui arriva un segnale che li fa accendere, ed è indispensabile perché possano "srotolarsi" e produrre l'RNA. Studiando queste caratteristiche, possiamo prevedere quali geni si romperanno e quali no, con una precisione superiore all'85%. Tuttavia, non tutti i geni che normalmente si rompono daranno poi origine a traslocazioni (cioè alla fusione di due geni rotti), ma solo una piccola parte di essi, cioè quelli che sono più frequentemente a stretto contatto tra loro per coordinare la loro attività di accensione o spegnimento, all'interno di strutture particolarmente "appiccicose" del genoma (i cosiddetti Domini di Associazione Topologica). La questione centrale, che cambia la prospettiva della casualità del cancro, è che l'attività di quei geni è controllata da segnali specifici che provengono dall'ambiente nel quale si trovano le nostre cellule, e che a sua volta è influenzato dall'ambiente in cui viviamo e dai nostri comportamenti (per esempio dall'apporto di energia, dal tipo di microbi con cui conviviamo, dalle sostanze che ingeriamo, ecc.), non certo dalla sfortuna".

"Questa scoperta – continua il professor Pelicci – ci insegna che la sfortuna non svolge alcun ruolo nella genesi delle traslocazioni e che, di conseguenza, non esiste base scientifica che ci autorizzi a sperare nella fortuna per evitare di ammalarci di tumore. Anzi, abbiamo ora un motivo scientifico in più per non allentare la presa sulla prevenzione dei tumori: nei nostri stili di vita, nel tipo di mondo che pretendiamo, nei programmi di salute che vogliamo dal nostro servizio sanitario. Anche nel tipo di ricerca scientifica che vogliamo promuovere: ad oggi, i fondi per la ricerca in prevenzione sono solo il 5-10% del finanziamento totale alla ricerca sul cancro. Inoltre, abbiamo aperto una finestra sul meccanismo molecolare che è alla base di una delle alterazioni che causa cancro, le traslocazioni, e che forse potremo usare in futuro come marcatore per identificare il rischio di sviluppare la malattia o come bersaglio per disegnare farmaci che aiutino a prevenire il cancro. Per ora non abbiamo capito quale sia esattamente il segnale che induce la formazione delle traslocazioni, ma abbiamo capito che proviene dall'ambiente, pur ignorando ancora luoghi e circostanze. È possibile, infine, che il medesimo meccanismo, o uno simile, possa essere anche alla base delle mutazioni studiate da Vogelstein. Ci stiamo lavorando".

Continua a leggere il comunicato stampa disponibile nei "Materiali".

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