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Ricostruzione vettoriale del Coronavirus
C'è anche l’Università Statale di Milano nei due studi pubblicati su Microbes and Infection perfettamente ascrivibili al modello "One Health" dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e che aprono a interventi diagnostici e profilattici innovativi.
Coordinati da Paola Roncada del gruppo di ricerca guidato da Domenico Britti del dipartimento di Scienze della salute dell'Università Magna Grecia di Catanzaro, i due studi hanno visto la partecipazione, per l'Università Statale di Milano, di Alessio Soggiu e Luigi Bonizzi, rispettivamente ricercatore e docente di Malattie infettive degli animali domestici della Sezione "One Health" del dipartimento di Scienze biomediche chirurgiche e odontoiatriche.
Le ricerche, a cui ha preso parte anche il gruppo di ricerca COVID diretto da Andrea Urbani e Maurizio Sanguinetti del dipartimento di Biotecnologie di base, intesivistiche e perioperatorie dell’Università Cattolica, sono partite dallo studio delle caratteristiche immunologiche che virus animali tassonomicamente correlati condividono con il SARS-CoV-2.
In particolare, i dati del primo studio dal titolo “Molecular basis of COVID-19 relationships in different species: a one health perspective” hanno evidenziato una somiglianza di alcuni epitopi della proteina spike del Coronavirus umano con quella di Coronavirus circolanti che infettano cane e bovino, evidenza ulteriormente confermata dal secondo studio “Comparative computational analysis of SARS-CoV-2 nucleocapsid protein epitopes in taxonomically related coronaviruses” anche per le proteine del nucleocapside, suggerendo dunque l'ipotesi (tutta da dimostrare) che l'esposizione a questi animali domestici possa in parte essere protettiva nei confronti di un'eventuale esposizione a SARS-CoV-2.
Inoltre, la ricostruzione degli epitopi antigenici comuni realizzata nel secondo lavoro rappresenta un ulteriore passo verso la sintesi di un panel di peptidi potenzialmente utili per l'allestimento di presidi diagnostici sierologici.
I risultati dei due studi pubblicati su Microbes and Infections suggeriscono, quindi, ipotesi interessanti su una potenziale immunizzazione umana mediata da una precedente esposizione a ceppi virali animali tassonomicamente correlati. In particolare, e lo suggerirebbero anche ulteriori dati su cui il gruppo sta ancora indagando, i coronavirus circolanti nei cani e nel bovino condividono epitopi immunoreattivi con il SARS-COVID-2, ipotesi preliminare che potrebbe portare in futuro a nuovi approcci diagnostici e profilattici.
I due studi, infine, suggeriscono una possibile spiegazione alla grande variabilità dei quadri clinici osservati nel caso di infezione da COVID-19, da quelli fatali a quelli con sintomi lievi o assenti.
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