Pubblicato il: 27/03/2024
Immagine tratta da Pixabay

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Come fa il cervello umano a generare esperienze coscienti? Questa è forse una delle questioni più dibattute tra neuroscienziati, psicologi e filosofi della mente. Esistono numerose teorie a riguardo e i loro sostenitori sono in disaccordo da decenni, arrivando talvolta a scrivere lettere aperte etichettando come "pseudoscienza" il lavoro svolto dai colleghi. In un nuovo articolo pubblicato sulla rivista Neuron, un gruppo di ricercatori coinvolti nello Human Brain Project  (il più grande progetto di ricerca europeo sul cervello a cui partecipa anche l'Università Statale di Milano) tra cui Andrea Pigorini e Marcello Massimini, dell’Università Statale di Milano, adotta un approccio più pragmatico e costruttivo, suggerendo che alcune delle teorie più importanti sulla coscienza potrebbero essere più compatibili di quanto si pensi. Il lavoro dei due neuroscienziati spiega, quindi, basandosi su lavori empirici di neurofisiologia e dando una connotazione più positiva al dibattito,  come le diverse teorie tendono a descrivere aspetti distinti della coscienza e che le differenze che di solito vengono percepite come conflittuali possono in realtà essere descrizioni complementari di un complesso meccanismo neurobiologico.

Per illustrare la confusione sulle descrizioni della coscienza, immaginiamo un gruppo di bambini che giocano a calcio e descrivono la loro palla. Un bambino può affermare che "la rotondità del pallone spiega come può rotolare", un altro che "il colore bianco lo rende visibile contro il verde dell'erba" e un terzo che "il fatto che il pallone sia gonfio d'aria fa sì che possiamo calciarlo senza farci male ai piedi". Sono tutti sbagliati? Certo che no, ma il bianco del pallone non può spiegare perché rotola, né come ci si sente quando lo si calcia”, spiegano i due studiosi. 

Il cervello è un organo molto complesso e i vari meccanismi che le neuroscienze cercano di comprendere possono essere studiati su più scale spazio-temporali e livelli. Ad esempio, ciò che si osserva a livello di sinapsi (ovvero le connessioni tra le cellule cerebrali) non è sempre facilmente collegabile a ciò che si osserva a livello di piccoli circuiti neurali o a livello di intero cervello; e il legame tra struttura e funzione spesso non è immediatamente chiaro. Un ulteriore problema che si riscontra nel cercare di spiegare la coscienza è che essa non è del tutto definita, e anzi ne esistono molte definizioni diverse, a volte non conciliabili.

Questa nuova perspective review – concludono - propone un nuovo approccio allo studio della coscienza che prevede di concentrarsi sulle proprietà neurobiologiche misurabili dei diversi aspetti della coscienza, senza cercare di fare affermazioni teoriche o filosofiche forti su cosa sia o non sia esattamente la coscienza. Mettendo per il momento da parte le rivalità teoriche e focalizzandosi sulle evidenze empiriche, gli autori dello studio prevedono che, in futuro, le diverse teorie potranno contribuire, ciascuna con pezzi distinti, al grande puzzle della coscienza”.

Il link all'articolo pubblicato su Neuron

 

 

 

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