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In laboratorio
Una delle patologie più invalidanti e ancora non comprese a fondo è la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), che colpisce in Italia più di sei mila persone, con un'incidenza di due mila nuovi casi ogni anno (dati EURALS Consortium). Tra le principali difficoltà nella presa in carico di questi pazienti ci sono certamente i tempi della diagnosi, che a volte, ancora oggi, possono sfiorare l'anno.
Un importante passo in avanti in questa direzione arriva dalla collaborazione tra l'IRCCS Fondazione Don Gnocchi, l'IRCCS Istituto Auxologico e Università Statale di Milano i cui ricercatori hanno individuato nella saliva – grazie a una tecnica innovativa - un biomarcatore utile alla diagnosi precoce della malattia.
Il progetto - portato avanti nell'ambito della rete IRCCS delle Neuroscienze e Neuroriabilitazione (RIN) - è stato ideato e coordinato dal Laboratorio di Nanomedicina e Biofotonica Clinica (LABION) dell’IRCCS Fondazione Don Gnocchi di Milano, guidato dalla dottoressa Marzia Bedoni, in collaborazione con l'Unità di Riabilitazione Intensiva Polmonare dello stesso IRCCS, diretta dal dottor Paolo Banfi.
Primo autore e responsabile dello studio - finanziato dal Ministero della Salute e pubblicato su Scientific Reports - è il dottor Cristiano Carlomagno, ricercatore di IRCCS Fondazione Don Gnocchi di Milano.
La SLA è una malattia degenerativa che porta alla progressiva e inesorabile paralisi della muscolatura. Ad oggi non esistono esami di laboratorio da eseguire sul sangue o su altri fluidi corporei capaci di garantire una diagnosi veloce e certa, o in grado di monitorarne la velocità di progressione.
"Da qui l’idea di ricorrere alla spettroscopia Raman - spiega Marzia Bedoni - una tecnica innovativa in ambito bioclinico, presente da tempo nel LABION, basata sull'utilizzo della luce laser per studiare la composizione chimica di campioni complessi come la saliva. Si tratta di una tecnica non distruttiva, che dà risposte in tempi brevi, non richiede particolari condizioni per l'esecuzione della misura e può essere effettuata con una minima preparazione del campione".
"Il ritardo nella diagnosi – aggiunge Paolo Banfi – causa spesso nel paziente un senso di impotenza, penalizzandolo poi nell'accesso ai trial clinici. L’individuazione di un nuovo metodo per accelerare la procedura diagnostica avrà importanti ricadute e costituisce un capitolo importante nello studio e nella battaglia contro questa patologia gravemente invalidante".
"La possibilità di utilizzare un semplice prelievo non traumatico di saliva per definire un biomarcatore diagnostico per la SLA - commenta Vincenzo Silani, docente di Neurologia presso l'Università degli Studi di Milano e direttore della Unità Operativa di Neurologia e Laboratorio di Neuroscienze dell’IRCCS Istituto Auxologico Italiano - rappresenta un'opportunità di rilevanza storica. La metodologia utilizzata ha richiesto un'attenta messa a punto iniziale, ma poi è stata dirimente nel definire uno spettro diversificato nella SLA rispetto ai controlli sani e rispetto ad altre patologie egualmente invalidanti come le malattie di Alzheimer e Parkinson".
"Siamo orgogliosi di questi risultati - conclude Cristiano Carlomagno - perché lo sviluppo e la validazione di questa innovativa metodologia permetterà di mettere a disposizione di medici e pazienti uno strumento in grado sia di accelerare la procedura diagnostica, che di personalizzare il trattamento terapeutico in base alle caratteristiche di ogni singolo paziente, con l'obiettivo a lungo termine di migliorarne la prognosi e la qualità della vita".
Contatti
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Vincenzo Silani
Dipartimento di Fisiopatologia Medico-Chirurgica e dei Trapianti
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