Pubblicato il: 09/02/2023
Il team italo-africano in eSwatini

Tengetile Motsa, Meseret Naba, Clara Fappani, Bongani Nhleko, Velaphi Msibi, Nokthula Dlamini, Simone Villa e Busisiwe Dlamini - Foto di A. Hlandze

Alla St. Philip's Clinic in eSwatini (Africa meridionale) è appena partita una campagna di screening mediante ricerca dell'HPV, lo Human Papillomavirus all'origine del cancro della cervice uterina, guidata dal laboratorio diretto da Elisabetta Tanzi, coordinatore scientifico del CRC EpiSoMI - Epidemiologia e Sorveglianza Molecolare delle Infezioni, da oltre 20 anni impegnato a studiare gli aspetti biologici, epidemiologici e preventivi di malattie infettive, insieme al MACH - Centre for Multidisciplinary Research in Health Science,  co-diretto da Mario Raviglione, coordinatore del master di 2° livello in Global health/Salute globale e impegnato da molti anni in progetti nell'area in collaborazione con la Cabrini Mission.

La campagna si inserisce nell'ambito di un progetto di cooperazione avviato due anni fa dai due team della Statale in collaborazione con le Missionary Sisters of the Sacred Heart di Madre Cabrini e un gruppo di collaboratori laici per offrire assistenza sanitaria a un'area rurale caratterizzata anche da villaggi di paglia e fango ai confini con il Mozambico, un progetto, quello appena avviato, caratterizzato da una co-gestione paritaria con il personale locale e dal pieno sostegno delle autorità ministeriali del Regno di eSwatini.

"Con Clara Fappani, dottoranda in Scienze per la sanità pubblica, e Simone Villa, assegnista di ricerca, siamo stati alla St. Philip's Clinic in eSwatini a dicembre 2022, per organizzare e formare il personale del laboratorio dove in questi giorni Clara e Simone, insieme a Thavisha Gunaratne, studentessa dell'International Medical School che sta conducendo una tesi in Salute globale con il professor Raviglione, hanno avviato il primo reclutamento di donne da 12 a 49 anni da sottoporre al test per HPV a partire da una semplice raccolta di urine e con l'impiego di una modernissima tecnologia rapida" – ci racconta la professoressa Tanzi, che negli ultimi 10 anni ha coordinato importanti studi su come affrontare il problema del cancro del collo dell'utero nei Paesi a basso e medio reddito, dove il tasso di incidenza di questa malattia è molto più elevato rispetto a quelli ad alto reddito.

Gli studi finora condotti dal team della Statale, di cui fanno parte anche Antonella Amendola, docente di Sanità pubblica, Silvia Bianchi, ricercatrice, Daniela Colzani, tecnico di laboratorio, e Maria Gori, assegnista di ricerca, si sono focalizzati sull'implementazione di una strategia di screening con metodi applicabili in aree povere, dove le risorse economiche e umane accanto a particolari condizioni culturali e sociali, non facilitano le attività di prevenzione secondaria disponibile nei Paesi ad alto reddito che si basano sul prelievo citologico per l'esecuzione del Pap-test (che rileva eventuali lesioni cervicali causate dall'HPV) o dell'HPV test (metodo di biologia molecolare che individua la presenza del virus).

"Nel laboratorio della St. Philip’s Clinic – prosegue la professoressa Tanzi – riusciamo ora a eseguire test molecolari per la ricerca di HPV DNA utilizzando un campione di urina fresca o addirittura essiccata su carta da filtro (DUS, Dried Urine Spot, di più facile conservazione e trasporto ed eventuale invio tramite posta), che viene processato sulla piattaforma automatizzata GeneXpert della statunitense Cepheid e che permette di individuare il genoma del virus in circa un'ora".

"Il progetto in eSwatini – aggiunge Mario Raviglione prevede anche uno studio epidemiologico-molecolare sui genotipi virali prevalenti in eSwatini, uno studio di costo-efficacia dell'intervento e uno studio socio-antropologico sull'accettabilità del test urinario al posto di quello con prelievo citologico. Questi sono tutti elementi che permetteranno di esplorare future opzioni di politiche sanitarie nazionali e internazionali nei confronti del cancro della cervice uterina, in linea con ciò che raccomanda l'Organizzazione Mondiale della Sanità e con l'obiettivo di motivare i governi di Paesi gravemente colpiti da questa malattia all'adozione di metodi moderni di prevenzione, comprese le campagne vaccinali per ora non accessibili nella maggioranza delle aree ad alta incidenza, salvando così milioni di vite umane".

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