Pubblicato il: 27/03/2025
Attività in laboratorio presso la  St. Philip’s Clinic

Attività in laboratorio presso la St. Philip’s Clinic

Un passo avanti nel miglioramento delle strategie di prevenzione e controllo del cancro della cervice a livello globale, in particolare in aree rurali remote, dove l’accesso a servizi sanitari è limitato. E’ quanto emerge da tre studi condotti nell'ambito di un innovativo progetto di ricerca sullo screening per l’infezione da Human Papilloma Virus (HPV) e il cancro della cervice uterina in Eswatini, Africa meridionale.

I progetti sono stati presentati al congresso Eurogin – l’evento tenutosi a Porto dal 16 al 19 marzo che ha riunito esperti mondiali sul tema della riduzione della diffusione del cancro della cervice uterina e di altre patologie associate all'HPV in tutto il mondo - da Sante Leandro Baldi, assegnista di ricerca presso il CRC MACH, Centre for Multidisciplinary Research in Health Science, e Clara Fappani, assegnista di ricerca presso il centro di ricerca EpiSoMI, Epidemiologia e sorveglianza molecolare delle infezioni, del dipartimento di Scienze della Salute della Statale. I tre lavori riportano i primi risultati dello screening per il cancro della cervice uterina condotto nel regno di Eswatini, nella regione di Lubombo, presso la St. Philip’s Clinic.

Il progetto, partito nel febbraio 2023, è stato condotto dai gruppi di ricerca, guidati dai docenti dell’Università Statale di Milano, Elisabetta Tanzi e Mario Raviglione che hanno promosso la campagna presso la piccola clinica rurale africana attraverso un test urinario non invasivo, un metodo innovativo studiato a Milano potenzialmente applicabile anche in Paesi a basso e medio reddito dove la disponibilità di mezzi è limitata o assente. Ricercatori e ricercatrici, infatti, si sono focalizzati sull'implementazione di una strategia di screening con metodi applicabili in aree povere, dove le risorse economiche e umane, accanto a particolari condizioni culturali e sociali, non facilitano le attività di prevenzione secondaria disponibile nei Paesi ad alto reddito che si basano sul prelievo citologico per l'esecuzione del Pap-test (che rileva eventuali lesioni cervicali causate dall'HPV) o dell'HPV test (metodo di biologia molecolare che individua la presenza del virus).

 I tre studi hanno, quindi, visto nello specifico la collaborazione tra l’Università degli Studi di Milano, l’Università degli Studi di Pavia, studenti del master della Statale in Global Health, coordinato da Mario Raviglione, gli operatori di Cabrini Ministries, l’ONG che gestisce la St. Philip’s Clinic in Eswatini, le Missionarie del Sacro Cuore di Gesù, il Ministero della Salute dell’Eswatini, Eswatini Health Laboratory Services e l’azienda Cepheid che ha sviluppato il test rapido GeneXpert.

Nel dettaglio, il primo studio, dedicato all’implementazione del test HR-HPV basato sulle urine per la prevenzione del cancro cervicale in una clinica rurale in Eswatini, ha fatto emergere un'elevata prevalenza di infezione di HPV sostenuta da genotipi ad alto rischio e ha sottolineato l'importanza di interventi personalizzati. È stato introdotto uno screening per il cancro della cervice uterina basato su HPV-DNA test da effettuare su urina, aumentando di cinque volte l'accessibilità e l'accettabilità, soprattutto tra le donne più giovani. Questo studio ha rivelato tutte le sfide che l’introduzione di innovazioni tecnologiche in cliniche rurali in situazioni di grande povertà devono essere affrontate per una implementazione efficace.

Il secondo lavoro sull'accettabilità dello screening del cancro cervicale tra donne e ragazze nelle zone rurali dell'Eswatini, frutto del lavoro della diplomata del Master in Global Health 2024, Francesca Squillace, e della sua mentore Valentina Mutti, docente in Statale, ha rivelato che l’HPV-DNA test basato su urina ha ridotto significativamente barriere come lo stigma sociale e il disagio associato agli screening tradizionali, evidenziando come sensibilizzazione e advocacy siano elementi cruciali per favorire la partecipazione.

Infine, il terzo studio, nel campo dell’epidemiologia molecolare e dedicato a comprendere la distribuzione dei genotipi del papillomavirus umano tra le donne sottoposte a screening per il cancro cervicale in una struttura sanitaria rurale in Eswatini ha permesso di descrivere per la prima volta per il Regno di Eswatini la distribuzione dei genotipi di HPV infettanti le adolescenti e le donne Swazi che vivono nelle aree rurali, mettendo in evidenza un'elevata prevalenza di infezione da HPV ad alto rischio, in particolare HPV35, un genotipo che, nonostante sia responsabile del 4-10% dei casi di cancro nell’Africa Sub-Sahariana, non è incluso in nessuna formulazione vaccinale ad oggi disponibile, ulteriore dimostrazione di come questo tipo di vaccini siano prodotti pensando alle esigenze del Nord del mondo, dimenticando le necessità di adattamento da un punto di visti di genotipi anche per il Sud del mondo, che soffre in maniera sproporzionata di questo tumore.

 

 

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