Pubblicato il: 10/06/2021

L'arrivo del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della cerimonia per l'anno accademico 2020-2021.

Si è svolta l'8 giugno, nell'Aula Magna dell’Università degli Studi di Milano, nel clima di profonda emozione e solennità con cui è stato accolto il “regalo immenso” della presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la cerimonia per l’anno accademico 2020/2021. Non una inaugurazione, ha precisato subito lo stesso Rettore Elio Franzini, ma una giornata per testimoniare che “andiamo avanti, che non siamo mai stati fermi”. In Aula Magna, collegata con il pubblico all’esterno in diretta streaming, erano presenti solo alcune rappresentanze delle autorità civili, militari e religiose, oltre che delle autorità accademiche: un pubblico ancora necessariamente limitato per la prima cerimonia istituzionale dall’inizio della pandemia, “giorno al tempo stesso di memoria e speranza” nelle parole del Rettore, nel quale il senso della rinascita si alterna al ricordo di chi non c’è più e all’orgoglio per aver affrontato una situazione improvvisa e nuova “con spirito di solidarietà e di collaborazione”.

Prima di entrare nell'Aula Magna, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha incontrato una studentessa, una ricercatrice e uno specializzando, in rappresentanza della comunità universitaria della Statale e dell'impegno durante l’emergenza Covid. Valeria Storti, studentessa del corso di laurea in Infermieristica, Lucie Biheler-Gomez, ricercatrice in Antropologia e Bioarcheologia e Abboud Ragab, specializzando in Pediatria, hanno salutato il Presidente della Repubblica con cui si sono intrattenuti alcuni minuti raccontando i loro campi di interesse e di studio. 

Ha introdotto la cerimonia Cristina Messa, Ministro dell’Università e della Ricerca, salutando Milano “città multiculturale e innovativa che ha lottato per mantenere la propria laboriosità inclusiva, con un approccio solidale e comunitario, anche durante l’emergenza sanitaria” e richiamando il valore della “buona ricerca” che “non cerca conferme esterne alla comunità scientifica, non teme la valutazione, non rifiuta il confronto critico, ma chiede e pretende solo rigore, trasparenza, accessibilità”.

Il video integrale della cerimonia per l'anno accademico 2021-2021, alla presenza del Presidente Sergio Mattarella.

La Prolusione del rettore Elio Franzini

La Prolusione del rettore Elio Franzini

La prolusione del Rettore Franzini, dal titolo “Presenza e Futuro”, si è aperta con il saluto alle autorità, che rappresentano un “territorio che vuole rinascere”, “simbolo di una comunità più vasta”, agli “amici rettori”, “uniti e solidali” nei giorni più difficili. E naturalmente con il ricordo delle vittime: “difficile non vedere di nuovo qui con noi – ricordo il posto esatto in Aula Magna – persone che non ci sono più”.

Il Rettore dedica cenni discreti ai traguardi importanti che, nonostante la crisi pandemica, l’Ateneo è riuscito a raggiungere nell’ultimo anno e mezzo. Ammette la propria soddisfazione nel comunicare l’eccezionale risultato ottenuto dalla visita di accreditamento di Anvur, un momento di verifica di rilievo capitale per ogni Università, da cui la Statale è uscita con il massimo punteggio, classificandosi in fascia A, tra i primissimi atenei italiani quanto al possesso dei requisiti di qualità, efficienza ed efficacia delle attività svolte, in relazione agli indicatori nazionali dell’assicurazione della qualità: “un motivo di grande orgoglio, di resistenza e di ripresa”. All’indomani dei primi risultati positivi sul nuovo vaccino allo studio nei laboratori dell’Ateneo, il Rettore ricorda il prestigioso riconoscimento di Science, che colloca la Statale prima Università europea e quarta al mondo per la ricerca sul Covid, richiama il rafforzamento dell’alleanza con Heidelberg, Sorbonne, Varsavia, Copenhagen e Praga per la costruzione di un’università europea, il progetto in corso del nuovo campus scientifico a Mind così come il nuovo disegno per Città Studi, sostenuto dal recente accordo stipulato con Regione e Comune, e annuncia anche la nascita della University Press della Statale, già forte di 52 riviste con oltre un milione di download l'anno, 5 collane con 63 volumi e 4 monografie.

Il Rettore allarga quindi la sua riflessione al sistema universitario nazionale: sottoposte a uno “stress test di straordinaria rilevanza”, le università “non possono dimenticare i problemi aperti”, che vanno affrontati con “decisioni coraggiose”, che finalmente ne riconoscano “la specificità”. Occorre “fare rete”, agire in spirito collaborativo, per trovare insieme soluzioni che non possono essere risolte da ciascun ateneo di per sé, né tuttavia sempre e solo dall’alto. Centrale il tema dei modelli di governo delle università, “schiacciati tra una nostalgia crescente (spesso acritica ed eccessiva) per un governo ‘tradizionalee l’evidente difetto di un’impostazione aziendalistica” che si rivela inefficace, non coglie la specificità dei problemi dell’università. È dunque necessario delineare un nuovo modello di governance, che sia in grado di “porre le domande corrette al potere politico” e di dare risposte efficaci alle tante criticità di un sistema che rischia “di adagiarsi, di deprimersi”, inceppato da “prassi che anche quando sono correttamente gestite (…) appaiono antiche, irriflesse, spesso irrazionali”. Venendo alla questione delle risorse, il Rettore Franzini indica i rischi di una distribuzione dei finanziamenti fondata su “un principio egualitario che si rifiuta di comparare istituzioni universitarie oggettivamente diverse”, trascurando di valorizzare “le specificità e le potenzialità di ciascuno”. Franzini chiama quindi in causa il “problema tra i problemi”, quello del diritto allo studio, da intendersi, lo sottolinea, “non solo come aiuto per chi ha difficoltà economiche, bensì come sistema di servizi, in primo luogo residenziali, capaci di attrarre gli studenti, facendo diventare l’università la loro “casa”.

L’ultima parte dell’intervento del Rettore è dedicata al “valore” della crisi, alle “questioni fondamentali” di fronte a cui, nella sua “radicale storicità”, la pandemia ci ha immerso e che devono guidarci per riprogettare il futuro “guardando alle intrinseche possibilità di ciò che ci circonda”, facendo “dialogare sempre saperi teorici e prassi operative”.

Franzini ricorda – “ora lo abbiamo imparato” - il richiamo all’umiltà nella benedizione agli universitari di Monsignor Delpini, in occasione della Pasqua 2020: il suo appello ad un “modo di pensare più modesto, più disponibile”, ad una “scienza che aiuti la vita della gente”. Rimarca come la crisi ci induca “a non cedere a uno dei grandi mali dell’Occidente, a quel “pensiero unico”, a un unico modello di sviluppo, non solo economico, che rischia di rivelarsi subdolamente, e pervasivamente, autoritario”. Al contrario, la crisi è “fonte di giudizio, di consapevolezza, che permette di esercitare la pluralità dei modi della ragione, moltiplicando le occasioni di dialogo e confronto”, perché “tutto ciò che è storico può essere, per sua stessa natura, messo in discussione, argomentato, criticato”. Facendo eco al titolo della Biennale di Architettura di Venezia aperta da pochi giorni, “How will we live together?”, Franzini ribadisce che potremo vivere insieme “solo comprendendo il mondo come unità vitale, un mondo in cui natura e infrastrutture si intreccino, un mondo che recuperi la sua biodiversità e la sua storia, che offra sempre di nuovo elementi per arricchire le nostre vite e le nostre coscienze”.

Solo nella ricerca e nella formazione potremo dunque trovare le “precondizioni per soluzioni durature, capaci di avviare nuovi percorsi di scienza e di vita”.

Da un lato, esorta Franzini, “dobbiamo guardare alla ricerca di base”, “originario scopo dell’Università, senso intrinseco della innovazione e dello sviluppo”, “rafforzare peso e organizzazione delle scuole di specialità e delle istituzioni sanitarie” e sviluppare “progetti per diffondere la medicina e il sapere sul territorio”, anche valorizzando le potenzialità della digitalizzazione.

Dall’altro, al centro del mandato formativo dell’Università come luogo della crescita e “dimensione formativa in essere”, dobbiamo riportare “i valori della solidarietà, dell’inclusione, del dialogo”. Il Rettore affida a Camus (“La Peste”) le parole finali del suo discorso: “Io mi sento più solidale con i vinti che con i santi. Non ho inclinazione, credo, per l’eroismo e per la santità. Essere un uomo, questo m’interessa”. “È ciò, in definitiva soltanto ciò – chiude il Rettore Franzini - quel che noi tutti vogliamo insegnare ai nostri studenti.”

Alla prolusione del Rettore ha fatto seguito l’intervento di Guglielmo Mina, Presidente della Conferenza degli studenti, che chiama in causa le “mancanze di uno Stato che non garantisce una borsa di studio a tutti coloro che ne hanno diritto”.

La lectio magistralis è pronunciata da Ivano Dionigi, Presidente di AlmaLaurea, dal titolo “Università perché e Università per chi”: un forte e a tratti severo richiamo alla disattenzione della politica nei confronti del diritto al futuro dei giovani, una esortazione ad una nuova alleanza tra generazioni, “tra le ragioni della cultura e la responsabilità della politica” così come, “tra le risposte della tecnologia e le domande del pensiero umanistico”, oggi pericolosamente distanti. Ricordando in principio il “disatteso” articolo della Carta costituzionale sul diritto all’istruzione, Dionigi riflette sul ruolo e sulla stessa natura dell’Università, spendendo parole tanto commoventi sui giovani “belli, attrezzati, coraggiosi (…) cittadini del mondo” quanto severe sulle generazioni di chi “ha più mietuto che seminato”.

Compito delle università è insegnare a reimparare continuamente, sempre e soprattutto oggi, “interpellati da un triplice e drammatico squilibrio: ambientale, migratorio, sanitario”, e nel momento in cui non è mai stato così grande il solco tra i giovani e la generazione dei padri: “noi ‘protetti’ dal passato e dal futuro, loro ‘sprotetti’ e inchiodati a un presente che non possiedono ma che li possiede”.

Ora potrebbe venire per Dionigi l’occasione di un nuovo incontro: a patto che “si riconosca che (…) loro sono il bene più prezioso del Paese, che non basta cedere loro quote di partecipazione e cittadinanza, ma che urge investire nella loro formazione e promuoverli da spettatori a protagonisti, e a classe dirigente.” Dionigi passa alla politica, che “o è anche cultura - intesa come visione e cura del destino individuale e collettivo delle persone - o non è”, e definisce intollerabile “la separazione tra potere e sapere, tra pratica amministrativa e dedizione allo studio”, così come “sciagurata e anacronistica” è la frattura tra sapere tecnologico e cultura umanistica, sempre poco accordate in questo paese, prima in cronico deficit di cultura scientifica e che ora è “tutto febbricitante per l’innovazione tecnologica” e dimentica, rimuove, gli studi umanistici. Eppure proprio oggi è evidente la “necessità di umanesimo: inteso (…) come capacità (…) di riscoprire il pensiero interrogante, (…) di riappropriarci dell’arte della sintesi, della scienza dell’intero, della visione dell’insieme, giacché “chi non mette in relazione le parti col tutto può dire solo mezze verità.”

Il momento musicale, dedicato al ricordo delle le vittime della pandemia, è stato affidato alle note di “Nuovo Cinema Paradiso” di Ennio Morricone, con Davide Alogna al violino e Roberto Issoglio al pianoforte. A chiusura della cerimonia il Gaudeamus Igitur, affidato al Coro dell’Università Statale di Milano.

Sul sito del Quirinale l'intervento integrale del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.