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Cervello con aree ad alterato segnale - Foto tratta dal sito Pixabay
L'intervento con anticorpo monoclonale contro la proteina beta Amiloide si è rivelato del tutto inefficace nel bloccare il declino cognitivo tipico della malattia di Alzheimer.
A rivelarlo uno studio internazionale – pubblicato sulla rivista News England Journal of Medicine – coordinato per l'Italia da Elio Scarpini, docente di Neurologia al dipartimento di Fisiopatologia medico-chirurgica e dei trapianti e Centro Dino Ferrari dell'Università Statale, presso la Fondazione Ca' Granda IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.
La ricerca - condotta su oltre 2100 pazienti affetti da malattia di Alzheimer trattati con l'immunoterapia passiva - dimostra chiaramente che non è sufficiente rimuovere la proteina patologica dall'encefalo quando è troppo tardi perché la perdita di memoria è già presente.
Occorrono quindi strategie alternative di intervento più precoce, come quella già in atto che - in via preventiva - segue soggetti sani "a rischio" (per età e genetica) di sviluppo della malattia, seguiti neurologicamente per almeno 5-8 anni. Questo tipo di studio – coordinato a livello italiano sempre dal Centro del professor Scarpini dell'Università Statale - prevede l'impiego di un farmaco inibitore della beta Secretasi, in grado di impedire la formazione della beta Amiloide e la successiva degenerazione neuronale.
Contatti
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Elio Angelo Scarpini
Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche ed Odontoiatriche
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