Pubblicato il: 07/04/2017

Uno studio di Università Statale di Milano e Ludwig Maximillian University di Monaco - pubblicato su Scientific Reports del gruppo Nature - osserva nel dettaglio, per la prima volta in un artropode terrestre fossile, i muscoli presenti nelle zampe e importanti componenti del sistema nervoso centrale.

Lo studio - svolto sul Monte San Giorgio - conferma la teoria del modello evolutivo a "balzi", permettendo inoltre di retrodatare di ben 100 milioni di anni rispetto a quanto finora ipotizzato l'origine delle attuali famiglie dell'antichissimo insetto.

Le ricerche paleontologiche - svolte a partire dagli inizi degli anni 2000 dal gruppo di specialisti guidato da Andrea Tintori dell'Università Statale di Milano sul Monte San Giorgio, in collaborazione con Markus Felber, allora conservatore presso il Museo Cantonale di Storia naturale di Lugano - hanno condotto a una serie di importanti scoperte che riguardano anche gli insetti e la loro evoluzione.

In questo sito, tra i più importanti al mondo per i ritrovamenti di vertebrati marini del Triassico Medio (circa 240 milioni di anni fa), sono stati ritrovati 19 esemplari di insetti fossili. Tra questi, più di un terzo possiede un'eccezionale conservazione di organi e tessuti molli, condizione raramente presente nei fossili.

Due di questi esemplari sono stati oggetto dello studio pubblicato su Scientific Reports, che vede come senior author Matteo Montagna, entomologo evoluzionista presso il dipartimento di Scienze agrarie e ambientali dell'Università Statale di Milano, e i colleghi Laura Strada della stessa università, Joachim e Carolin Haug della Ludwig Maximilian University di Monaco.

Gigamachilis triassicus, così è stata nominata dai ricercatori la nuova specie descritta, è stata riconosciuta appartenere a una famiglia attuale dell'ordine degli archeognati, insetti privi di ali e anche per questo considerati tra i più primitivi in assoluto.

Il nome generico, Gigamachilis, deriva dalle eccezionali dimensioni di questa specie, circa 8 cm includendo il filum terminale, quasi quattro volte più lunga degli attuali archeognati, i cui parenti prossimi, i pesciolini d'argento, sono più noti al pubblico poiché li si può osservare talvolta nelle nostre case correre a nascondersi dietro i mobili appena accesa la luce.

"Il Monte San Giorgio, divenuto patrimonio UNESCO per i suoi fossili di vertebrati marini - commenta Matteo Montagna - non finisce di stupire e meriterebbe ancora molta attenzione da parte del mondo scientifico e non solo. Questo studio dimostra infatti che, anche dopo oltre 150 anni di ricerche, su questo sito è ancora possibile fare incredibili scoperte e che talvolta sono proprio i fossili più piccoli a dare i risultati più incredibili".

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