Pubblicato il: 06/12/2019
Immagine tratta da Pixaby

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Linguaggio e pensiero sono inscindibilmente legati, per questo, proprio dal linguaggio, possono arrivare importanti "indizi" sulla psiche, al punto che la "parola" diventa una possibile chiave anche per individuare le psicosi nei singoli individui. Su questo campo di indagine lavorano i ricercatori dell’Università Statale di Milano, guidati dallo psichiatra Paolo Brambilla, docente presso il dipartimento di Fisiopatologia medico-chirurgica e dei trapianti, promotore di un importante convegno, tenutosi nelle scorse settimane su "Il ruolo del linguaggio in psicopedagogia e psichiatria: una visione unitaria dal bambino all’adulto". L’incontro, con esperti e studiosi, ha esplorato il linguaggio come potenziale strumento importante per la diagnosi e per la cura nel campo della salute mentale.

"Il nostro gruppo di ricerca - ci spiega Paolo Brambilla - sta lavorando all'analisi di produzione del linguaggio in grandi campioni di pazienti con psicosi o a rischio di psicopatologia maggiore in collaborazione con l'Università di Verona e l'IRCCS "Eugenio Medea", nell'ambito di progetti finanziati dal Ministero della Salute". "Stiamo inoltre implementando" - prosegue - "uno studio di riconoscimento dei network cerebrali che sottendono la comprensione grammaticale nel cervello umano e successivamente nelle persone malate di psicosi".

"Il linguaggio - prosegue ancora il professor Brambilla riguardo alla 'cornice' in cui si muove la ricerca in questo ambito - è la via principale di comunicazione dell’essere umano, attraverso il quale anche il pensiero si esprime in sua massima parte. Linguaggio e pensiero sono quindi entrambi alterati nelle psicosi, rappresentando parte dei sintomi psicotici 'cardine'. È difficile, talvolta, distinguere i sintomi legati al pensiero rispetto a quelli legati al linguaggio,  proprio perché pensiero e linguaggio sono intimamente legati".

Decisivo, quindi, per comprendere come il linguaggio possa essere una "sentinella" di forme di psicosi, comprendere quali siano i segnali più evidenti che provengono dalla parola per poter formulare una diagnosi precoce: "I sintomi principali sono le difficoltà relative al riconoscimento di idiomi e metafore, di prosodia emotiva e di sintassi, in particolare", spiega il docente dell’Ateneo.

Il focus sulla dimensione linguistica potrebbe quindi avere importanti risvolti anche nell'attività e pratica clinica con i pazienti. "In proposito - conclude il professor Brambilla - ci sono tentativi di utilizzare questi marker come segni di riconoscimento precoce di psicosi o come target di riabilitazione cognitiva, anche se siamo lontani da un uso quotidiano nella pratica clinica".

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