Pubblicato il: 31/01/2023
Immagine tratta da Pixabay

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E’ stato approvato dall’FDA (Food and Drug Administration) americana un farmaco in grado di migliorare il deficit cognitivo della malattia di Alzheimer. Si tratta di un farmaco con molecola Lecanemab  studiato nell’ambito di una sperimentazione clinica multicentrica internazionale a cui ha partecipato, come Centro Coordinatore Nazionale, il Centro Dino Ferrari dell’Università Statale di Milano  –  Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, diretto da  Giacomo Comi, docente di Neurologia del dipartimento di Fisiopatologia Medico-Chirurgica e dei Trapianti della Statale.

Elio Scarpini, docente di Neurologia della Statale e Principal Investigator dello studio, spiega: “Si tratta del primo farmaco che ha dimostrato di essere superiore al placebo nel rallentare il declino cognitivo che caratterizza la malattia di Alzheimer. Questa patologia è la prima causa di demenza nella popolazione anziana, nella quale il disturbo della memoria progredisce lentamente e peggiora con il passare del tempo, diventando talmente grave da interferire con le attività della vita quotidiana.  Il nuovo farmaco è in grado di rimuovere la proteina amiloide, sostanza che si accumula nel cervello ed innesca una serie di processi patologici che conducono alla degenerazione dei neuroni e quindi alla comparsa del disturbo cognitivo”.

Il farmaco si è dimostrato efficace in soggetti nella fase iniziale della malattia e con la documentata presenza della sostanza amiloide a livello cerebrale, evidenziata con l’esame del liquido cerebrale e con la PET con un marcatore specifico.

Dal trattamento – specificano i ricercatori - vanno esclusi tutti i pazienti con demenza in fase avanzata, quelli che presentano una encefalopatia vascolare ischemica e quelli in terapia anticoagulante per il rischio di comparsa di microemorragie cerebrali.

Daniela Galimberti, docente del dipartimento di Scienze biomediche, chirurgiche e odontoiatriche e responsabile del Laboratorio di Diagnostica e Ricerca del Centro Alzheimer del “Centro Dino Ferrari”, aggiunge: “La diagnosi, anche in fase precoce, viene oggi effettuata grazie ad esami sul liquido cerebro-spinale e con la PET, esami che però sono costosi o invasivi, ed il cui utilizzo non è a disposizione di tutte le strutture ospedaliere. Per questo i ricercatori sono da tempo impegnati a scoprire dei ‘marcatori periferici’, ovvero delle molecole che possono essere identificate con un semplice prelievo di sangue. Lo stesso concetto vale per altre demenze non-Alzheimer, fra cui la demenza frontotemporale. Dato che i processi patologici che avvengono nel cervello iniziano 10-15 anni prima dello sviluppo della demenza conclamata, sarebbe dunque necessario uno screening nel tempo della popolazione a rischio, nell’ottica di selezionare precocemente (ai primi sintomi, o addirittura in assenza di sintomi) quali persone dovrebbero essere sottoposte ad ulteriori approfondimenti”.

Secondo Andrea Arighi, ricercatore del Centro Dino Ferrari, “sarà quindi molto importante, per una accurata selezione dei pazienti, l’identificazione dei centri neurologici dotati di tutti gli specifici strumenti clinico-diagnostici neuropsicologici, radiologici e di laboratorio, anche in considerazione del costo molto elevato previsto per questo tipo di terapia”.

In ogni caso, il farmaco sarà disponibile in Europa ed in Italia dopo la sua eventuale approvazione da parte degli enti regolatori EMA ed AIFA.

 

 

 

Contatti

  • Giacomo Pietro Comi
    Dipartimento di Fisiopatologia Medico-Chirurgica e dei Trapianti

  • Daniela Galimberti
    Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche ed Odontoiatriche

  • Elio Angelo Scarpini
    Dipartimento di Scienze Biomediche, Chirurgiche ed Odontoiatriche